L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

giovedì, ottobre 27, 2011

La lista della spesa quando il Supermarket è troppo distante dal divano

Non so suonare una chitarra ma la voglio proprio comprare. Andare in giro tutto il giorno per Milano, con i capelli lunghi e la barba incolta, la faccia sognante e un pò smunta di chi non ha un cazzo da mangiare. Mi mancherebbe il cane, ma per quello attenderò di avere un figlio. Nel 2000 e 30 se potrò permettermelo. Il figlio. Eppure sarei stato un ottimo padre.
Andrò in giro con la mia chitarra a tracolla come i designer indossano la reflex e le puttane i tacchi a spillo. Marchio di fabbrica del mio far niente.
Per la occasioni migliori lascerò a casa la chitarra e prenderò la mia bici. Verde con venature gialle e se avete tempo da regalarmi vi posso mostrare le vene. La domanda è proprio questa e la risposta è una giacca a quadri. Quadri grandi, sfumatura rossa tendente al bordeaux, come il vino francese. Le occasioni migliori le devi andare a cercare armato di giacca, camicia e baffi ben pettinati.
Prenderò anche un computer per non farmi dire di essere vintage o retrò, ma soltanto perchè non mi piacciono le mode e le parole riconducibili agli -ismi. Inglesismi, francesismi, prismi. Non perchè ne abbia una reale necessità. In tempi come questo si deve attaccare la crisi, attaccando cornici al muro, svuotando vecchi archivi e andando avanti investendo tutto il possibile senza rimanere a zero. Lo userò per scrivere e leggere come fosse un foglio di carta ed ascoltare musica come fosse un compagno di un viaggio che non c'è, lasciando che si consumi completamente la batteria.
Scriverò tutto e leggerò tutto ed una volta letto cancellerò le lettere nere rendendo l'originale colore al monitor. Bianco che una nevicata, con qualcosa sotto ma non si sa bene cosa.
Con la mia chitarra entrerò in un negozio alla moda dove manichini senza gambe mostrano culi di marmo e sodi seni al vento, senza remore e rimostranze. Calze e mutande per far bella figura quando rimarrò senza pantaloni di fronte allo specchio, nel primo mattino che verrà. Anche questo è volersi bene.
Uscirò con un nuovo sacchetto in mano cantando Please Please Please Let Me Get What I Want, conscio che forse son le uniche parole degne di questo post.
E poi a sera, ormai stanco ed affamato mi renderò conto di aver fatto troppe cose per una normale giornata in cui non volevo nemmeno uscire e starmene a casa. Così starò seduto e forse addirittura immobile. Domani inizierò a comprare un chitarra.
Non so suonare una chitarra ma la voglio comprare. Andare in giro tutto il giorno per Milano, con i capelli lunghi e la barba incolta, la faccia sognante e un pò smunta di chi non ha un cazzo da mangiare...


lunedì, ottobre 24, 2011

Eddie Vedder

Mi ritengo un uomo fortunato.
Ho due gambe, due braccia e i soldi per fare la spesa un paio di volte al mese, senza
esagerare. Comprando sempre il minimo indispensabile per mangiare e riempiendo il
frigorifero di birra e vino. Spazio al superfluo.
Il prossimo passo sarà comprare della vodka liscia, da bere ad ampie sorsate, simili
alle falcate di Carl Lewis. Il figlio del vento.
Ci sono troppe chitarre che suonano perchè questo sia un concerto da fare in casa,
per tenersi tutto dentro. Le cose vere si sentono dentro oppure si manifestano in lunghi
cortei. Ci sono le lacrime, ci sono i sorrisi.
Gli estremi sono sempre presenti, non puoi fare a meno della punta dei tuoi capelli e
nemmeno della pianta dei tuoi piedi. A volte non riesci a pettinarti, ed è li che scoppiano
i problemi e muoiono le intenzioni. Per non parlare di quando le scarpe sono troppo
piccole. Puoi fare ciò che vuoi ma tutto parte da un estremo e arriva all'altro, da sempre.
Da quando Eva e Adamo e blablabla...
Mi ritengo un uomo fortunato.
E quando dico uomo intendo dire proprio questo. Ho una testa a volte pensante, delle
magliette da alternare quasi mai stirate, qualche pantalone e i soldi per il caffè. Ne bevo
troppi forse, spesso 3 a volte quattro al giorno. Capita anche cinque, già.
Prossimamente proverò un decaffeinato e lo berrò con calma, sorseggiandolo a piccoli
sorsi. Guarderò l'orologio, aspetterò, poi ancora uno sguardo all'orologio stavolta distratto.
Poi un sorso elegante. Questo farà di me un uomo migliore. Completo.
Aspetterò poi che tutto finirà, sarà una pratica dura da imparare ma come tutto, finirà, e
allora si capirà cosa ne è rimasto. Perchè la forma più grande della sofferenza o del volere
bene è il ricordo. Si fa fatica a ricordare, è una pratica che prevede concentrazione e tempo.
Fare in modo che chi se ne va non lasci tutto invariato, come una fottuta sgasata di un
vecchio motore o come una moda che ogni 3 mesi va celebrata sulle riviste e poi cambiata.
Sepolta da nuovi costumi.
Mi ritengo un uomo fortunato.
Ho 500 amici su facebook, di qualcuno ricordo il nome e almeno una volta gli ho parlato
di me. Caso raro, caso mai, caso voglia. Caso scrivo. Sono fortunato, ho anche i soldi per
il giornale del sabato e il tempo per leggerlo tutto. Chissà quanto costa il tempo, anzi
proprio quel tempo? Una domanda inutile almeno quanto aver bisogno di comprarlo,
perchè quando finisce poi si fa presto a ragionarci su e volerne altro. Sempre che se ne
abbia il modo, perchè a volte finisce e basta.
Fare in modo che le frasi a te dedicate non si sprechino nei secondi a consumare attimo
dopo attimo. Quanto lo possiamo far pagare un secondo...cento, mille, forse un milione
di euro. Forse niente.
Sono un ragazzo fortunato. Posso sprecare il mio tempo scrivendo in un blog sfigato,
mentre fuori tutto va a rotoli mantenendo saldi gli estremi che fanno sempre comodo.
Sono un ragazzo fortunato. Posso attaccare al muro i fondi del mio caffè e pensare che
niente si possa misurare in denaro.
Sono un ragazzo fortunato perchè ho perso la facoltà di intendere e di volere.

venerdì, ottobre 14, 2011

C'era una strada

Ricordo ancora la strada anche se oramai ho perso tutti i punti di riferimento,
cancellati dai troppi colpi in testa e da qualche botta di vita.
Era proprio così, uscito dal mio portone trenta passi a sinistra, poi a destra
per altri cinquanta passi. Passi di media lunghezza, fatti sempre da solo,
a volte con un amico. Di solito in quel tratto ero sempre a testa in su, pronto
a cogliere i cambiamenti di questo posto.
Una finestra aperta, un'altra chiusa male. Un palazzo che non c'era e adesso
è lì, pronto a ospitare nuove vite, nuove famiglia. Storie.
Mille palazzi e novecento cantieri. A volte uno sparisce a volte un altro sorge.
Dopo ancora a destra e finalmente l'ultima piazzetta. Forse non è proprio
la strada corretta, magari i passi eran più o meno gli stessi, ma ormai non
conta più.
In mezzo alla piazza, forse un pò laterale. Insomma non ricordo bene dove,
c'era la bottega delle...delle...
Non ho mai saputo bene cosa vendesse, non l'ho mai saputo con precisione.
L'insegna riportava soltanto un pensiero banale e stupido come solo le
cose vere sanno esserlo. C'era scritto "gli uomini sono tutti uguali" e niente
altro, non un prodotto, non un accenno ai prezzi. Solo un cartello, scritto
a mano, che recitava la possibilità di pagare ciò che si poteva.
Andavo sempre lì a prendere ciò di cui avevo bisogno, per trovare il
superfluo, le cose che davvero mi riempivano. Pezzi svariati di sogni chiusi
in pagine ingiallite, dolci dal retrogusto amaro, scatole che non contengono
niente. Proprio questo mi ha sempre affascinato, la possibilità di non
comprare niente. Pagandola il giusto.
Non ho mai creduto a quella scritta, neppure quando con mio nonno, passandoci
davanti, passavamo le ore a parlarne. Lui ne era convinto e anche io
per qualche tempo. Credevo a mio nonno, alla scritta.
Ora non ricordo la strada.

lunedì, ottobre 10, 2011

La retorica del link ai tempi della chat erotica

Scrittori famosi scrivono libri famosi, l'assioma regge anche se non esistono libri famosi.
Ma il lettore non attento non ci fa caso.
Scrittori famosi hanno scritto di me, parlato di me. Addirittura riso di me.
Con me mai, ma forse perchè non sanno chi sono io. "tu non sai chi sono io" è una delle
frasi più belle e al tempo stesso ironiche.
Scrittori famosi scrivono versi famosi e frasi famose, il tutto sta in piedi. Certo.
Ma come la valuti la fama di una frase? Ha foto su riviste o giornali? No. Cè un modo 
per sapere quanti l'hanno letta? No.
Non so, ma non mi fido molto delle frasi famose. Sono spesso fatte, citate, prive di 
spessore o profondità.
Una volta Palahniuk mi ha detto che "se scrivessi come un gay lo farei come lui da 
etero. Io da gay scrivo come un etero, che sei tu. Siamo uguali". Io non ci ho capito 
molto ma ho preso al volo il complimento. 
Era affascinato da questo post e mi continuava a mimare i vecchi sulle panchine del parco.
Uno scrittore famoso cita se stesso per aumentare la fama. Cita un suo libro, così
come un professore universitario fa studiare i suoi mille studenti sul testo da lui scritto. 
Copia originale, mi raccomando. A noi non piacciono imitazioni o fotocopie rubate.
Come quando ricevetti un biglietto di Natale, ma non era proprio Natale. 
Era scritto in spagnolo e riassumendolo diceva di quanto fossi stato importante 
per le sue storie e i suoi pensieri.
I punti di vista aperti e i puntini sospesi uniti a formare immagini, suoni e colori. Era 
firmato L. Sepulveda e riportava una frase presa da questo post.
Non capivo la frase, ma poi ho controllato e l'avevo davvero scritta io. Già, una citazione
dovuta alla neve che copre tutto.  Anche le citazioni.
Un pò come non dire a nessuno una cosa pensando che in questo modo non sia mai
successa. Io ho ucciso almeno una volta nella mia vita. Ho parlato male di te con lei e 
pensato che forse con lui avrei potuto farci qualcosa di "diverso". L'ho detto.
Come quando John Fante mi disse che quel post di cui non ricordava il titolo, gli
fece venire in mente il nome del suo "Chiedi alla polvere". Direte che era già morto.
La vostra parola contro il mio testo, scritto dal padre per il suo figliolo, scritto per non 
giudicare e a volte essere giudicati. Dall'abbaglio delle verità.
Ecco cosa è davvero famosa, la verità. Una cosa di cui tutti parlano almeno una volta 
nella propria vita. La verità.
Addirittura una volta De Andrè prese spunto da una mia cosa per un suo album 
intero o alcune sue canzoni. Non mi ricordo bene cosa mi disse quella sera a cena con 
Bindi, Lauzi e Tenco, ma questo post gli diede qualcheidea. 
Chissà perchè, e poi non capivo nulla in quel dialetto genovese.
Ci sono registi famosi che girano film famosi. Anche questo assioma resiste e regge, ma
cos'è un film famoso...lo spettatore non attento non ci fa caso. 
Però il lettore attento sì.

lunedì, ottobre 03, 2011

Blogger, una voce che sul dizionario non esiste. Giustamente.

Avere un blog non significa saper scrivere, nemmeno seper leggere. Mette di fronte alla
necessità di comunicare e di farlo tramite un mezzo fittizio, finto.
Molto spesso falso come quello che dici. Che vorresti dire.
Perchè poi i blogger non sanno scrivere veramente, altrimenti non avrebbero un blog, ma
scriverebbero su altri supporti. La carta, quel meraviglioso materiale vivo che rende tutto
più reale e a prova di click. Un blog lo cancelli con un tocco, ma se strappi un foglio di
carta fai un delitto, anche se ci sono scritte le stesse stronzate senza senso.
Anche un muro è meglio di un blog.
Un blog l'ho apero per gioco e ci scrivo le ricette di cucina e le serate con gli amici.
Commento il modo di fare di qualche vip, i vestiti e la moda. Seguo sempre altri blog in cui
il tema principale sono il taglio di capelli che va di moda tra le giovani rockstar new pop
rock post emo. Ho aperto un blog per riportare i testi delle canzoni che più mi piacciono,
come fossero le poesie di Neruda, ma senza mettere quei cuoricini che sulle Smemo
imperversavano negli anni '90.
Il blog è più maturo, niente cuori e frasi sdolcinate, troppo personalizzate nemmeno fossero
tatuaggi tribali a cerchio sul bicipite. Il blog indica in te un insano senso d'arte.
Hai il blog quindi sei.
Ormai ce l'hanno in tanti. Chiamalo tumblr, chiamalo twitter. Chiamalo come vuoi, ma
anche lui, come te, vuole solo essere chiamato. Vuole attestare il fatto di esserci, senza una
faccia o un nome vero. Per questo ci scrivo i regali che ricevo a Natale, il mio oroscopo e le
battute dei miei amici o sui miei amici.
Per questo pubblico foto e metto i video delle mie serate.
Il blog ormai ce l'hanno tutti, tutti quelli che contano. Gli opinion leader pensano tramite il
loro blog e nessuna intervista non è preceduta da qualche sparata fatta prima sul
"personalissimo blog". Il blog è per le proprie ricette di cucina, i propri pensierini e le foto
dell'estate. Così ti senti vivo e pieno di amici, ci sono i commenti.
Gioco di specchi tra il dire e il fare, copia e incolla di altre cose, senza nemmeno un
copyright o qualcosa che attesi l'originalità di un pensiero. Apri e chiudi, clicca "nuovo post",
schiaccia tasti a caso, "pubblica post". Pensieri senza tempo o luogo.
Sei un blogger, hai delle idee, le sai esprimere. Cristo come ti invidio.
E' necessario credere che bisogna scrivere per non cadere nell'oblio, per cui apriamo i
nostri blog alla verità. Di chi non è dato sapere, di cosa non si vuole sapere.
L'importante sarà conservare le parole e la voce, uniti a questo senso di inutilità che solo
un blog ti può dare.
Ora "pubblica post".