L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

mercoledì, giugno 05, 2013

Contare al contrario mi riesce facile davanti allo specchio

La delusione di contare partendo da 10 al contrario, e non vedere cambiare le cose.
Quella che lasci nelle persone che incontri per strada e anche dopo anni ti lasciano solo
il ricordo di un saluto. Lo sguardo perso di un ragazzo di fronte alle emozioni, il non
aver mai abbracciato mio padre dicendo ti voglio bene.
Sapere che tra qualche anno ripenserò a quelle due o tre cose che ricorderò di questi anni
e con rimpianto mi dirò quanto son stato coglione e poi gettando via tutti i ritagli degli
oroscopi che ho accumulato in questi anni, tutti i sogni nel cassetto e le troiate che mi
son sentito dire, capirò che forse la colpa è sopratutto mia.
La speranza in un conto alla rovescia, ecco cosa è la vita.
Aspettare che qualcosa cambi andando verso la fine, che un figlio possa cambiare le cose,
che un amore le migliori, che un lavoro le stabilizzi.
Addirittura sperare che alcol o polveri magiche ti migliori il tempo.
Ma poi la speranza finisce, come quando scarti l'ovetto di cioccolato e dentro invece del
pupazzetto c'è un giochino di merda. Inutile quanto quei pomeriggi al parco a parlare di fica,
rock e calcio invece di studiare.
Potessi tornare indietro a quei pomeriggi pagherei oro oppure darei i pochi capelli che ho,
qualche libro e il televisore.
Quando superi la prima metà e dal 6 passi al cinque, sai bene che potresti bruciare il desiderio.
Sei non sei troppo coglione cominci a darti alternative e se sei troppo illuso continui nella speranza.
Il numero di coglioni che ce l'hanno fatta è altissimo e tutti gli altri si sono suicidati, perchè
se speri troppo e hai troppa passione tornare indietro non è possibile. Troppi ricordi, troppe
figure in bianco e nero e quei sogni un giorno colorati si ripresentano come scheletri
nell'armadio. Fantasmi di sogni passati come conti da pagare, debiti col tuo Io.
Superata la metà tutto è più veloce, come una strada di ritorno dopo una bella serata piena.
Gli occhi cominciano a riempirsi di lacrime perchè hai paura di non trovare ciò che
speravi e forse ti rendi conto che lasciare ciò che hai è altrettanto doloroso. Ripensi ai
pesci rossi, ai tuoi libri o ai fatti tuoi e tutto sembra migliore di quel che è.
Attaccato a discorsi inutili che potrebbero salvare il Mondo, perlomeno il tuo o quello del tuo
vicino di casa, ti lasci andare e vai verso la fine. Chissà cosa sarà poi questa fine.
La fine di cosa, di chi.
Non ricordo più il motivo di questo conto alla rovescia, ma so che era per passare il tempo o per riempire un vuoto, come molti pensano di fare quando giudicano gli errori o i fatti altrui.
Un ego si può nutrire in più modi, io gli offro un altro caffè poi prendo la bici e inizio a contare.

sabato, maggio 25, 2013

Strada di casa

Vivo di personaggi a caso e senza che me lo chiedano prendo da loro spunti casuali.
Non faccio la spesa da molto tempo e mi nutro di quello. Spunti a caso.
Però la domanda torna assillante e dove stai andando nella strada verso casa lo
scopri solo semaforo dopo semaforo. Dimentichi la password del tuo telefonino,
il nome del tuo vicino. Come cazzo si fa a entrare in questo blog, non mi ricordo
più, ma so bene che tutto è fatto così perchè non ci fidiamo più.
Non tanto degli altri, ma di noi stessi.
Devo ricordarmi la strada e non pensare a qualcos'altro, ai fantasmi nella testa o
ai ricordi di giornate passate. Devo pensare alla strada e non perdere tempo
a lamentarmi del nulla, di ciò che non ho, del fatto che era da ieri che non
vivevo una giornata così di merda.
Perchè svegliarsi sempre con la stessa donna al proprio fianco non è sempre bello,
lo diceva mio nonno, che diceva anche che l'incoerenza non si sposa con la
saggezza e il buon vino porta consiglio.
Ma puzzo sempre di alcol e invecchio male. Cinico e distorto o uno stronzo,
vestito bene o scarpe bucate da una lunga passeggiata. Pensavo che la vita la si
vedesse del colore dei propri occhi, quasi come avessimo un filtro che ci fa
vedere tutto bene o male. Ma non è così e sopratutto gli occhi non cambiano
colore, cambia colore il cielo, cambiano colore le mutande, cambia colore la
consistenza di quello che si fa...e il bianco fa male. Anche se bevuto freddo
come aperitivo.
A tal proposito, in questo bar mi fermo sempre a bere il caffè, anzi meglio dire
i caffè e comunque se riconosco il bar vuol dire che sono sulla strada giusta
per casa mia. Che non è quella giusta nella vita, non sempre.
Ma è quella dove posso dire che qualcosa è mio, nascondendomi sotto le coperte
e guardando fuori dalla finestra pensando che nessuno mi possa vedere.
Ma nessuno vuole farlo in queste condizioni.
Non trovo il portone, ma dove cazzo sto andando non lo so.
La confusione la vedo ma mi sento estraneo, cerco appigli provando ad andare a
galla, ma forse quelli sono pesci rossi dentro una vasca tonda.
Una vita limitata, ma basta non dirglielo. Appena arrivo a casa, se trovo la
mia strada o il portone o anche solo uno stronzissimo vicino di casa, mi metto
a bere fino a domani, fino a quando potrò dire che anche oggi è stata una
giornata del cazzo, quasi come ieri.

mercoledì, aprile 24, 2013

non finirò in terra, nè in cielo e tantomeno in acqua

Una goccia d'acqua fa presto a cadere e non lasciare nulla. Evapora e torna libera,
senza nulla da dire e senza nulla da dare.
Una goccia d'acqua come milioni di persone, come auto in tangenziale, come
matrimoni finiti presto, come canzoni d'amore in tempo di guerra, come guerra in
tempo di crisi.
Una goccia può avere mille intenzioni, motivazioni.
Può desiderare di evaporare subito e ricominciare da capo. Vapore, acqua, pioggia,
goccia, vapore...e via all'infinito.
Può volersi unire a uno tsunami e spazzare via tutto quello che trova, forza incoerente
e incontrastata nel mare dell'indifferenza.
Può essere parte di un progetto, in una pozza d'acqua dove altre gocce unite formano
qualcosa. Ha il dramma di arrivare ostinatamente a volere qualcosa e poi dimenticarlo,
vuoi per la caduta, vuoi perchè le altre gocce non seguono il suo percorso. Liberarsi da
tutto e non voler evaporare.
Perchè non sempre vuole evaporare e ricominciare e non sempre ha la forza per farlo.
Una goccia d'acqua ha mille attenuanti e un solo destino, il suo, col rischio che sia il suo
destino a evaporare. Quello che desiderava e forse addirittura sognava.
Un mare, un lavandino, una pozza. Un boccia per inutili pesci rossi. Ma un qualcosa dove
dire la sua senza entrare in un bicchiere d'acqua pisciato via, nel getto di una doccia
rinfrescante o nel getto di un rubinetto che va via.
Via nel gorgo di un nulla, di gioco d'acqua perchè si ha caldo. Dell'indifferenza.
La goccia d'acqua è inutile, lo sappiamo tutti, come sono inutili i propositi di inizio anno e
i "ti amo" detti per dire. Le persone con gli ideali e gli ideali senza le persone.
Perchè la paura non sta nel volare, nello scendere acqua o salire vapore. Sta nel senso di
sconforto nel finire come non si vuole, nell'annegare nel proprio essere, nel fatto che pochi
ti possano capire e lo fai per loro. Che a volte sogni di morire anzichè evaporare.
Una goccia può posarsi anche su un viso e sembrare una lacrima, può ma non lo è.
Una goccia non è  nulla ed è la prima a saperlo, si guarda bene dal giudizio altrui, ma nella
sua dignità sta attenta al sole per non finire presto, troppo presto.
In fin dei conti una goccia lo sa, la fine più probabile è in un cesso in un getto di piscio e non
se ne dispiace se almeno prima ha provato ad essere pozza o ad esser mare o ad esser morta.

mercoledì, febbraio 27, 2013

Solitudine

Non scrivevo da tanto perchè non avevo nulla da dire.
Anche ora non ho molto da dire, ma non ho nessuno con cui parlare. Difficile descrivere
le sensazioni e ancor più difficile far comprendere lo stato.
Ho trentadue anni, non sono pochi e non sono tanti. La cosa che fa più rabbia è quel senso
di impotenza quando cerchi di fare. Mi spiego. Ci provo.
Non sono triste, sono ancora conscio che nei miei trentadue anni ho fatto cose giuste e
combattuto le mie battaglie. Sono uno che si appassiona, che sa piangere e sa sudare,
che sa combattere e sa perdere. L'ho fatto come potevo e lo farò come potrò.
Non voglio pensare a come o dove ma lo farò. Lo faccio per le mie idee, con il mio progetto
e con le mie azioni. Lo faccio essendo considerato da molti un perditempo e un coglione.
Lo faccio vedendo negli occhi di molti la preoccupazione per il mio futuro, per ciò che sarò.
Mi vedo anche io tra 5 anni senza nulla, è il mio incubo ricorrente tutte le sere prima di
andare a letto, prima di chiudere gli occhi, anche quando bevo.
E' la prima motivazione per cui mi alzo al mattino e spero di non darla vinta a me. Alle mie
ansie e alle mie paure. Lo faccio credendo in ciò che faccio e prendendomi delle scelte che
forse tra non molto rimpiangerò.
Lo faccio senza lamentarmi e chiedere aiuto. Lo faccio.
Ma è sempre difficile farlo quando intorno a te vedi tronfare il nulla. Quando capisci che gli
sforzi sono inutili, che il banale vince sul pensiero.
Non mi riferisco solo alle elezioni, ma hanno influito. Credere in un cambiamento poi
fallito porta per forza allo stordimento.
Questo è, così mi sento. Stordito per come sono, per ciò che faccio, per ciò che ho fatto.
Ho trentadue anni e alla mia età mio padre era da poco padre. Io è meglio che lascio perdere
il capitolo, ma diciamo che ho fallito. Il rischio di fallire è proprio dietro ogni angolo.
Non voglio avere le paure di mio padre e mio nonno, non voglio aver timori. Mi hanno
dato molto, voglio dare tutto. Per cosa non lo so. Non credo più, ne sono quasi certo che il
mio futuro sarà di esser padre. Lo credevo, non lo penso più.
Quali certezze posso dare, che certezze possiamo dare.
La sensazione oggi è di essere solo, non è un status ne un motto. Una sensazione.
Pur avendo gente attorno, pur condividendo molto.
Solo in mezzo agli altri. Andrò a letto con le mie paure, penserò alla mia instabilità,
al mio non lavoro, ai miei sogni. Mi dirò che devo crescere. Mi risponderò che ho più coglioni
io di molti altri. Mi riderò in faccia e mi alzerò ancora più voglioso.
Lasciatemi sfogare questo mio stato con me stesso. Solo.
Perchè solo si può essere anche in mezzo a mille altri come te.
L'importante è non perder mai la speranza che un giorno anche solo un progetto dei
mille pensati trovi concretezza. Mi basterebbe.

Scusate tutte queste parole, alcuni le troveranno melense altri diranno che lo faccio per
farmi bello. I pochi che mi conoscono, molti dei quali non leggono questo blog , sanno
che son sincero.
Ho trentadue anni e spesso ho paura. Prima di andare a letto, quando guardo il mio conto
in banca, quando mi faccio la barba.
Domani mi sveglierò e mi maledirò i miei pensieri.

mercoledì, gennaio 16, 2013

Io non sono Dicembre

Dicembre era un miraggio, passato presente e futuro. Venne dentro senza nemmeno
chiedere il permesso, forte del lavoro fatto. Accartocciato e gettato.
Dell'esperienza passata teneva il ricordo e la consapevolezza, ma ricercava con ansia
fuori da se stesso ciò che poteva essere il suo bene. Un bene effimero, un bene che 
non era star sereno con se stesso. 
Dicembre aveva ansia di avere pace e la cercava con la guerra.
La sete di tranquillità sfogata in boccali di birra, come se nulla fosse e come se
tutto fosse normale. Sete di vita e fame di morte.
Non dormire, non mangiare, bere. Non amare, non provare, odiare.
Tutte le vie del futile e del facile erano il modo migliore per toccare l'utile. La 
sensazione di forza riempiva le pieghe del viso di Dicembre, in ogni suo posa e 
in ogni suo foto. Distruggere era la sola azione a quel costruire in cui nei mesi 
precedenti si era forgiato e migliorato.
Dicembre distrusse novembre e ottobre, scavalcò l'estate e tornò a marzo.
Pensieri di forza, ricerche forzate. L'ansia di cercare qualcosa fuori.
Desiderare la fine per non avere nuovi inizi. Dicembre si guardò allo specchio,
era giunto alla fine dei suoi giorni e alla fine del suo esistere. Poteva solo peggiorare
o trovare l'interruttore per riaccendere la luce.
Fu lì che ci fu luce come di colpo o per fortuna, anche se di certo era solo
volontà. Quella voglia di tornare ad essere come era, non Dicembre.
Ripercorrendo piccoli passi, ignorando chi non ti è vicino. Ignorando cosa e chi può 
essere ansia, per trovare dentro sè cosa manca. 
Provare odio, amore, paura, dolore, gioia. Tornare a sorridere per un gioco, meravigliarsi
per la mano di un bambino, calmarsi per un corso d'acqua e incazzarsi se le cose non 
vanno. Emozionandosi ancora. Piangere e ridere.
Prendendo il proprio IO debole e facendolo crescere come un bambino, senza 
andargli contro ma educandolo, consigliandolo come un amico. 
Dove sia andato Dicembre non si sa. Si sa solo che dopo un pianto innaturale di lui
non si hanno più tracce. Almeno per ora.