L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

venerdì, settembre 28, 2007

La cosa più importante è non smettere mai di sognare

Ci sono periodi in cui ti capitano una serie di fatti e cose concatenate.
Vedi persone legate tra loro che non incontri mai, leggi libri che ti rimandano a fatti che stai vivendo. Per lo meno questa è la sensazione che spesso mi capita di avere e di vivere sulla mia pelle.
Negli ultimi giorni non ho avuto molto tempo per aggiornarmi su ciò che gravita intorno alla mia testa. Mi sono interessato poco a fatti, cose e persone e sto cercando di recuperare. Cerco di recuperare il rapporto anche con me stesso, leggendo, coccolandomi e riposando.
Leggendo appunto, giornali ma soprattutto libri...ho iniziato e quasi finito "Il potere dei sogni" di Luis Sepulvéda, un Maestro in senso assoluto, grazie a cui mi nacque la passione per la lettura ("Il vecchio che leggeva romanzi d'amore") e che ha la colpa di avermi fatto amare la scrittura (anche se per la verità dovrebbe condividere la pena con altri scrittori).
Ma il punto è un altro.
Questo libro non parla di sogni smielati, amori lontani o temi da soap-opera.
Vede al di là del sogno di coltivare il proprio orto, ma sposta la linea del sogno più in là, verso quella che è realtà, la quotidianità. Che spesso è la disillusione del sogno.
La serie di sopprusi che annientano le libertà, i veri nemici della democrazia (i suoi stessi "difensori" e le fottute dittature), i nessi che ci sono tra stragi e uomini politici, le sue lotte nel partito Comunista cileno, Allende e la sua fine, il fottuto Pinochet e i suoi difensori e poi ancora la Spagna di Aznar, Berlusconi e tutta la combriccola del caro G.W.Bush con i suoi torturatori e politici corrotti.
Il tutto mentre in Birmania, un popolo lotta contro una giunta militare per la libertà. Il tutto mentre l'ennesimo porco tortura e si arricchisce alla spalle del popolo, togliendogli la cosa più banalmente cara, la libertà.
Non servono pareri e neppure stupide frasi, solo l'appoggio a una lotta, anche a migliaia di chilometri di distanza, anche dal divano con la coperta della nonna sulle gambe, perchè credo che quando hai in cuore un sogno, la cosa più importante è sapere di non esser soli. Per cui accolgo l'appello di Pietro e metto una maglia rossa, anche se non servirà a un cazzo.

martedì, settembre 25, 2007

La ballata del disincanto

La sera prima era passata tra sorrisi e convinzioni, paure e vecchi amori.

...e fu così che si ritrovarono nel tavolino all'angolo della stretta stanza di quel bar al centro della piazza del paese. Di quel paese dove avrebbero desiderato costruire qualcosa e vorrebbero ancora farlo, ma da cui non riescono a ricavare nulla.
Forse solo la speranza e qualche pacca sulle spalle.
Erano cinque i convenuti al tavolino di metallo stile dopoguerra, tipico dei bar di periferia e il riflesso del sole che filtrava dalle tapparelle rendeva quel pomeriggio senza tempo, senza epoca.
Ma era proprio di questo che volevano parlare.
I due giovani arrivarono combattuti e storditi dai mille attacchi mediatici che stavano vivendo in quei giorni in cui veniva chiesto loro un voto in cambio di mille promesse e una promessa in cambio di mille illusioni.
Erano chiamati a crescere e ancora non sapevano se avrebbero dato un nome ai propri figli. Si chiedevano se addirittura non fosse troppo egoistico mettere al mondo un figlio solo per la propria gioia di fronte a un mondo di sciacalli.
Gli altri tre erano più anziani, di quelli che potresti scambiare per tuo nonno, ma potrebbero essere tuo padre. Quelli che sono stati ciò che ora tu sei e ti guardano con l'ardore di ciò he vorrebbero tu sarai.
Arrivarono stanchi dal troppo lavoro e sereni di aver dato il dovuto. A loro era chiesta la conferma del passato.
Ma si ritrovarono a quel tavolo per decidere. Non era solo vino rosso e non erano solo fette di salame. Non si voleva neppure parlare di calcio o delle mille guerre inutili che pur li preoccupavano.
Parlavano del futuro, del loro inutile essere la fottuta terra di mezzo nella quale nessuno vorrebbe coltivare il proprio Essere. Avevano ben chiaro di non appartenere alla categoria di chi si arricchisce e sapevano di non interessare alla borghesia perbene. Troppo vecchia l'esperienza di alcuni e troppo giovane l'età di altri. Balle che i benpensanti usavano per aumentare il proprio potere e i propri guadagni.
Fu così che i giri di rosso salivano e qualcuno parlò di "guerra sociale" e "battaglia delle epoche". Uno disse, con le lacrime agli occhi che una volta era come loro, ma col tempo capì ed ora era lì con loro, pronto a combattere. Che il denaro e il potere a volte ti attraggono nel turbine delle tentazioni e tutti i tuoi sensi sono pervasi dall'avere...si alzò in lacrime per andare a riassettarsi in bagno, con passo lento ma fiero.
Gli altri capirono che la lotta doveva essere pacifica, ma sapevano che le loro grida non erano ascoltate e i bisbigli coperti da trasmissioni televisive. Sapevano di essere fantasmi anche se in milioni.
Allora il più anziano prese una vecchia pistola che utilizzava quando era partigiano, quando la speranza sfociò nella libertà. La mise sul tavolo, il caricatore pieno, e la canna rivolta verso il basso. L'aria calda del pomeriggio si era rinfrescata e le ombre si erano allungate nella piazza, vuota, del paese. I colpi in canna erano cinque come le sedie occupate di quel bar.
La porse al più giovane, come soluzione migliore alle scelte di domani.
Questi la prese con la mano sinistra, con la destra finì il suo bicchiere di vino e guardò gli altri.
Scaricò il caricato a terra, senza esitazioni e ordinò un nuovo litro di vino.
Il vecchio rise felice, senza nascondere la commozione.
La sera stava lentamente calando anche sulle loro vite apparentemente inutili, ma non si persero in affanni. Al tramonto del presunto ultimo giorno, si diederò appuntamento al nuovo giorno in cui avrebbero dato vita ad una nuova battaglia dedicata a chi non gli dava spazio.

...e fu così che ritrovarono...

Milano (Fine) Film Festival

Alla fine di giorni infiniti e serate stonate, dopo carichi che scaricano e scarichi carichi.
Dopo notti insonni e sveglie all'alba.
Come tutto ciò che è duro, che è vivo, che passionale, resterà dentro.
Dentro ogniuno di noi e in quei rapporti che forse ci saranno.

Per il resto, parole e ricordi servirebbero solo a rendere inutile ciò che si è fatto, al margine di ciò che si è vissuto...

giovedì, settembre 20, 2007

Anilotrac ad onu otuicsonocs

Ero fermo a quell'incrocio quando mi sono accorto di non sapere come fare a tornare a casa.
Non avevo neppure voglia di improvvisare una strada, sicurezza o simpatia.
Solo in testa un reef che più o meno diceva che non ormai non avevo scampo e prima o poi avrei cominciato a giocare.
Non ho neppure visto il film, dormivo e me ne sono fatto uno in testa, però ho letto i titoli di coda e mi sono chiesto se senza quell'ultimo nome, quello dell'assistente, quello che nessuno legge.
Mi sono chiesto se anche senza quel nome sarebbe stato possibile girare quel film che non ho visto. Dormivo.
I titoli di coda sembravano tanto simili ad altri che ho visto altre volte. E' stato lì che ho avuto il dubbio di aver già visto quel film. Dai titoli di coda.
Ora non so come ma affronterò questo incrocio, magari prenderò la strada più lunga, quella sbagliata. Magari sarà meglio così, perchè ho voglia di camminare.
Ormai è quasi mattina e se potessi mettere Milano ora in una foto lo farei.
La terrei per me per un pò, almeno fino a casa. Poi la spedirei senza scrivere nulla, sperando di avervi impresso anche i miei pensieri.
Ci sono canzoni che non capisci, cose che non avresti voluto scrivere, frasi non dette e copiate a penna sulla tovaglietta di carta di qualche ristorante a basso costo. In generale sono poche le cose che rimpiango, i giorni sbagliati che vorrei ripercorrere.
Qualche ragazza, qualche litigio, qualhe bicchiere di troppo.
Ora ripenso a quei titoli di coda e credo che anche quell'assistente sfigato. Quello di cui non avrai neppure letto il nome, ecco...anche lui è stato importante per il film che, io, non ho neppure guardato.
Tutto questo è nella cartolina che ho ancora con me.

lunedì, settembre 10, 2007

show MUST go on

Il brusìo di là, nella sala, si è fatto ormai assordante. Tutto pronto e ogni poltroncina ha il suo bel sedere che la scalda.
Nessuno, sottolineo nessuno, si azzarderà a tardare di un solo minuto. Neppure per pisciare.
Sta andando in onda lo spettacolo della vita, il circo delle fiere in calzoncini, delle attricette in gonnella.
Lo spettacolo della vita. Perchè la vita è spettacolare a modo suo, sia che sia nato ad Arcore, sia che tu venga dal più nero caso di multipaternità della nera Africa.
A modo suo tutto è spettacolo e tutto è ironicamente artistico.

Ogni mattina l'alzarsi incerto della sveglia e l'avanzare stanco verso il primo abbaglio. Accecato dall'aprirsi del sipario, è iniziato lo spettacolo e come buon capo carovana, ecco arrivare i primi giudizi dal pubblico.
Applausi risate e fischi, che calcio di inizio sia.
Mentre come una rock star impugni lo spazzolino e fai gargarismi, non sia mai che ci si dimentichi di stonare sottoil caldo vellutato dell'acqua che ti scorre addosso, veloce come il tempo, dall'alto verso il basso.
Con lo spazzolone del cesso dirigi la tua orchestra, dieci minuti di potere spensierato prima di maledire il suono dei clacson, la tua suoneria del cellulare e la voce di qualche stronzo che proprio non digerisci.
Mentre sogni la posizione dai quadrupedi che percorrono la pista consumata del tuo circo interno, insieme a ballerine in abiti succinti che hanno il volto della bionda che ti sta vicino in metropolitana, della brunetta dell'ufficio o della puttana della tua capa.
Occhi aperti su un mondo nuovo che ritrai in piccoli ritratti che porterai con te per un'ora, un giorno o tutta la vita.
E ancora l'amaro in bocca delle troppe birre della sera prima ti fan sembrare un "mangia fuoco", pronto a stupire il tuo pubblico. Una nuova magia e subito scrosciano applausi, un palloncino a un piccolo ammiratore e un sorriso a un fiore di bellezza.

Ci sono giorni in cui lo spettacolo riesce ed altri, troppi, in cui stecchi la nota finale o sbagli un goal già fatto. Ci sono volte in cui piaci al pubblico e altre in cui ti indebiti a rimborsare biglietti anche a chi è entrato scavalcando i cancelli che ti imponi.
L'importante è andare avanti, semplice e banale.
Anche se si sbaglia la battuta o ti viene da ridere. Anche se sei troppo stanco.

Ed ora squillino le trombe o si accendano le luci, passino i titoli di coda o rullino i tamburi.
Lo spettacolo deve continuare.

giovedì, settembre 06, 2007

Il corpo nel testo

Dovrei farmi una doccia, ma ho voglia del mio odore.
Hai letto bene, ho detto odore anche se forse puzza sarebbe il termine più adatto. Ma non mi adatto facilmente agli odori.
Vorrei anche farmi la barba, ma ultimamente mi trovo dannatamente affascinante con la barba.
Non hai le allucinazioni, hai letto "dannatamente affascinante" e forse carino renderebbe meglio l'idea. Ma ho bisogno di darmi prestanti e corpose dosi di autostima.
Dovrei lavarmi i denti a questo punto, ma sento il desiderio di sapere cosa ho mangiato.
Sì, desiderio...muoio dalla necessità di sapere sempre da dove vengo e chi sono, pane e companatico di ciò di cui sono composto.
Vorrei sprofondare nel letto, ma assaporo gli istanti nevrotici che accompagnano le mie notti insonni. Puoi dirlo forte, li assaporo perchè non sopporto i ritmi lenti, gli attimi morti e le persone vuote e nel momento in cui frequento questi fantasmi, mi immergo nel pensiero della mia isteria "da poco sonno".

Non mi dipingo bene, vorrei tanto avere un ritratto alla Dorian Grey, ma non ho amici pittori e non mi cimento nell'arte da svariati e turbinosi anni. Forse decenni?
Vorrei e dovrei non deluderti mai e darti la forza di soppartarmi nei miei momenti di non curanza. Quando bestemmio per la sveglia repentina e cammino in cerca dell'infradito che ho lanciato la notte prima. Quando mi avvento sul primo caffè sognando già il successivo senza guardare il latte, perchè ho sbagliato troppe volte le dosi del latte nel mio caffè e latte.
Quando maledico la notte appena passata perchè mi ha dato solo il mal di testa e, in combutta con la mia pelle, mi riempie di premi e cotion. Detti anche, brutalmente, brufoli.
Quando vorrei averti ma non posso, perchè non ci sei.
Quando dovrei averti ma non riesco, perchè non voglio.
Quando sono pensieroso e assorto per non esser riuscito ad andare di corpo e quando, preso da fastidi notturni, mi alzo alle 4 del mattino e sbatto ovunque nei cinque metri che mi separano dal bagno.
Quando sarei in grado di fare ciò che vorrei e dovrei e soltanto per il mio Io, non lo faccio.
Quando vorrei parlar di più ma non posso e quando dovrei ma non voglio.
Quando vorrei soddisfarti di più, ma ti torturo e poi ti coccolo, ma peggioro la situazione.
Quando vorrei darti una compagnia, ma più di quel tempo non ci riesco.
Vorrei darti nuovi occhi per togliere il male che hanno visto, nuove gambe per percorrere i sentieri migliori, sempre correndo...e tutta la forza che non ho mai avuto.

Quando ti chiedo di seguirmi in ogni mio vicolo buio, ogni mi vizio, ogni mia perversione e poi mi trovo a doverti ascoltare per non vedermela brutta.
Ecco...è in ogniuno di questi momenti che il mio aroma, i miei acciacchi, i miei tormenti mi fanno tornare in mente che non sono solo, che respiro annospo e godo dalla stessa pancia e anima di qualcun altro, perso chissà dove eppure così vicino a me.
Quando è così, ricordo anche di avere un malandato e spensierato corpo, oltre a me.

lunedì, settembre 03, 2007

Vie di qua

Se esco da casa è, di norma, per farne ritorno dopo molte ore, passate spesso tra le quattro mura di questa città.
Uscendo dal portone vado quasi sempre verso destra, direzione Duomo, centro, vita bella e borghesia, ma anche semplicemente le mie Colonne e il mio nuovo ufficio, che ancora si ostinano a chiamare palestra.
Quando esco e vado a sinistra lo faccio solo per il cuore, raggiungendo Muggiano o il campo dell'Orione. Sì, perchè sempre più è da questi posti che mi arrivano le emozioni più vicine al cuore.

Sono quasi sempre a piedi, perchè per i pochi che ancora non lo sanno, non guido.
Sono quasi sempre a piedi anche perchè adoro camminare per le vie che sempre più amo e che, saltuariamente, arrivo ad odiare al punto tale da non aver voglia di guardarle in faccia e affrontarle. E' in quei giorni e in quelle sere che cammino senza far caso a nulla, alle auto parcheggiate o alle faccie che incrocio, ai barboni, alle merde dei cani o ai lampioni stonati.
E' quando amo Milano che osservo con attenzione tutto e faccio il giro più lungo pur di guardar scorrere il Naviglio e passeggiare i milanesi (o presunti tali), vedere gli ultimi tiratardi alle 5 del mattino e le ragazzine in giro in via Torino alle 3 del pomeriggio. Arrivo addirittura ad amare i mezzi pubblici e il caos delle ore di punta, le donnine cariche di borse, i vecchi brontoloni (attenzione non uso la parola rompicoglioni per educazione) e le donne in carriera, belle e grintose nei loro tailleur che mi incutono timore. Riesco anche a prendere come rito l'aperitivo e non solo come scusa per vedere qualche ora i miei amici, ma anche come moda (o scusa per vedere quante gnocche ci sono sempre nei gruppi degli altri).
Sono i giorni in cui riesco a stare in giro per ore per Milano promuovendo un Festival e sentendomi mandare a fare in culo, ridendoci sopra, nei quali non mi interessa essere solo, l'importante è non avere nessuno vicino che mi rompa i coglioni.
Sento che inizia qualcosa di importante e intanto mi scaldo come posso, tra un lavoretto per i soldi e qualcosa che ancora non so con precisione.

Nell'esser certo dell'incertezza, nell'esser certo che senza farmi il culo non arrivo da nessuna parte.
Proprio per questo ora scendo ancora in strada, nelle vie che amo e in cui sono cresciuto. Dove ho imparato a pensare e nessuno mi romperà le palle sul cosa fare o dire, dove ancora trovo chi mi saluta col sorriso e penserò, magari, anche a qualcosa di serio...
Savona, Giambellino, Solari...etc...etc...etc...

"Il potere conserva monumenti cari al dettame nazionalista e patriottardo, ma distrugge la cultura ambientale: artigiani, operai, popolo, dialetti e usanze"

Vie che portano ad aiutare che soffre. Vai qui, da Morgan............................è importante...