L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

lunedì, marzo 07, 2011

Milano città chiusa.

A Milano mancano due settimane e diversi contesti per arrivare a primavera.
I colori ormai da anni non sono più gli stessi, nascosti dietro finti richiami
a sicurezza e legalità.
Milano non è mai stata gialla come il sole o rossa come il tramonto sul mare.
Milano a volte è bianca, quando solo la neve riesce a farci dimenticare che
tutto, ma proprio tutto intorno a noi, è grigio.
Perchè se una volta la nebbia si prendeva gioco dei colori, se Milano era
nascosta dal fumo dei navigli, se il dialetto legava anzichè dividere...adesso
non è più così. I colori non ci sono più, si sono persi nel grigio.
Non è colpa solo della sintonia, dei nostri occhi, dei nostri pensieri.
La verità sta tutta da una parte, per una volta la verità è all'estremo.
Milano è una città sicura fratelli. Finalmente niente e nessuno potrà più
farci del male. Ora l'ultimo passo consigliato sarà quello di chiuderci in casa,
non uscirne più. Ogniuno nella propria, senza vasi comunicanti.
Non parlare nemmeno più col vicino, nemmeno se bianco cattolico ed
eterosessuale. Per stare tranquilli non si deve più ascoltare. Ballare. Amare.
Respirare. Pensare.
Proprio questo il messaggio che dobbiamo far passare in periodo di
campagna elettorale. A Milano non vogliamo divertirci.
Non solo non possiamo, non vogliamo.
Chiudiamo i bocchettoni alla cultura, troviamo pretesti per chiudere locali,
non diamo valore alle note, alle parole, ai colori.
Milano è grigia e tale deve restare.
Milano non ha bisogno di niente, ha già i suoi soldi e i suoi valori.
Milano è una città senza memoria.
Chiudiamoci in casa, chiudiamo le case.
A questo punto, solo quando tutto ci sarà tolto e ridotto all'osso ci
accorgeremo di cosa abbiamo e sopratutto di quello che non c'è più.
Senza finti artisti e senza proclami rivoluzionari, bisogna fare, cominciare
a dire, tornare a pensare. Ogniuno con la propria testa, senza un solo
pensiero unico e collettivo.
Ho sempre creduto che tutti se ne fottano di ciò che accade attorno sinchè
non viene intaccato il proprio orticello, fino a quando il cane del vicino non
ci piscia sulla staccionata. E' il personale a far del male.
A volte non bastano le restrizioni, a volte serve solo la sana prepotenza a
risvegliare l'indignazione.
Sai cosa c'è? Che secondo me Milano non è grigia e morta e che se voglio,
se vogliamo, fuori da queste cazzo di finestre, dalle nostre case chiuse
arriverà la primavera. Con lei torneranno la musica, i colori e poi ancora la
musica e i colori e allora forse potremo sentirci sicuri senza uomini in
divisa pronti a chiuderci in casa.
Sai cosa ti dico? Che forse è meglio smetterla di parlare, di fingerci pensatori
e iniziare a far qualcosa di utile non solo nel nostro orticello.

venerdì, marzo 04, 2011

Continuando a girare su stessi non si arriva mai allo stesso punto.

Gira e rigira non ce l'hanno tutti e i pochi che l'ottengono lottano e sudano
dietro a false illusioni. Conosco chi vuole star male solo per poterlo scrivere,
chi beve fino a star male solo per dare un senso alle sue serate. Chi per il
solo senso delle sue serate mette in gioco persino il proprio orto.
Chi odia, ama, odia e ama solo per poter dedicare poesie mai scritte che si
perdono dietro insulti a Dio e preghiere al barista di un bar periferico.
Perlomeno non troppo centrale, che non si veda troppo che si sta male.
La penombra in certe cose è importante. Fondamentale.
Il pensiero artistico è come le stagioni, dura il suo tempo e poi va via, per
ritornare al momento giusto, senza fretta. Lasciandosi alle spalle giorni su
giorni che sommati fanno mesi.
Mesi senza riuscire a scrivere la lista della spesa o un post-it di contorno,
senza riuscire a leggere poesie e pensare prose. Con tutto ciò che pensi che
brucia nel giro di pochi secondi, su un giro di note fatto di insicurezze
remote e parole che non vengono. Ma vanno.
Così, da un momento all'altro e senza avvisi.
A lungo andare tutti si credono artisti almeno una volta sola nella vita. Di
fronte alla poesia inutile alla propria inutile bella o nell' "ottimo" preso per
un disegno finto impressionista in terza media. Molto più raro che
qualcuno abbia ancora voglia di credersi operaio o contadino e sentirsi
chiamare proletario nell'era degli impiegati di concetto.
So di gente che passa ore a commentare l'operato altrui celandosi dietro
il volto trasandato dell'anonimato qualunquista. Altri ancora criticano o
fanno complimenti senza senso solo per non essere mai stati in grado
di esporre la propria pancia in pubblico. Quello che sta dentro la pancia.
Prendendo le distanze dalla dimensione delle ossa, ma continuando ad
amarne la materialità. Il virtuale è un virus che porta all'onanismo.
Il pensiero artistico è la vana considerazione dell'oggi, una collezione
di cazzate che qualcuno chiama contemporaneità.
E' il tentativo di seminare disastri per trarne grano per qualche mente,
come ha fatto capire De Andrè soltanto spargendo merda possiamo essere
sicuri che almeno il nostro giardino avrà qualche fiore. Ne basta anche solo
uno per la soddisfazione.
Il pensiero artistico non c'entra un cazzo con l'arte e l'utilità del caso.
Conosco gente che pur di scrivere due righe gira orgogliosa con la penna
sempre in tasca, cerca la frase giusta dietro il tram o all'angolo della strada,
nel solito bar o in un rigore calciato male. Altri ancora scalpitano sentendo
una canzone e lo sguardo ammirato a un bel culo è solo per la scia maliarda
della visione e non solo ammirazione. Poi c'è chi senza aver mai avuto un
solo pensiero artistico, si crede tale leggendo il pensiero di altri.

"Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il "senso della
frase" Andrea G. Pinketts

Il pensiero artistico fa il suo giro e a volte nemmeno torna indietro. Ma gira
e rigira, come le stagioni.