L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

giovedì, dicembre 15, 2011

Il blog è come il tatuaggio, un segno postmoderno del disagio attuale

Sembrava un'alba postorgasmica venuta dopo il pranzo di Natale.
Io seduto in quella poltrona troppo grande per il mio ego ma un pò
stretta per il mio sedere. Avevo alle spalle giorni di salsiccie e tortelli,
panettoni e vino. Giorni felici, li chiamano, quelli del Natale.
Quelli prima e quelli dopo, quasi fosse un'orgia di sentimenti tutti uguali.
In quei momenti pensi di potere tutto, che tutti ti sono attorno.
Non pensare di trovare qualcosa in queste righe, forse devi imparare a
leggerci attraverso, come la notte in cui fai un bagno in piscina.
Sembra senza senso e forse un senso ce l'ha.
Ma ti ripeto, non credere che uno voglia dire qualcosa con le parole scritte
una dopo l'altra su righe virtuali che righe non sono.
Il volto amico, il calore di un camino, le castagne, l'ennesimo morto sul
lavoro mentre nasce il Bambino, il pezzo di torrone.
Solito scrivere e solito arrotondare frasi, smussare un angolo, scartavetrare
un pensiero. Tutte cose già dette, non pensare che ci sia chissà quale
persona dietro tutto questo. Leggi un pezzo, hai letto tutto.
Arrivano piano piano i significati e spesso si capiscono solo quando tramontano
i soli e le albe tardano ad arrivare. In quel buio, in cui c'è meno luce, forse
si capisce meglio o forse non c'è niente da capire.
Lo scritto è vuoto come lo sguardo di chi scrive.
Non c'è niente di scritto, veramente niente, su cui ragionare, ridere, dormire,
sognare, sperare, piangere, amare. In giorni, mesi e forse anni di cose
catalogate e messe da parte, ai lati di uno schermo.
Nulla o forse quello che vuoi leggerci dentro.
Aeroporti da cui partono aerei vuoti che vanno chissà dove, tanto per viaggiare.

martedì, dicembre 06, 2011

Il circolo vizioso della difficoltà di non essere una rock star al tempo della crisi economica

Tristezza.
Forse ai più che in questo momento stanno leggendo, in maniera spesso distratta, sembrerà semplice condurre un'esistenza da recluso in casa. La difficoltà sta nel fuggire dal quotidiano.
Perchè tutto quello che ti sembrà solito nel tuo uscire di casa al mattino e andare a lavoro, nel vedere le solite facce boriose e prive di interesse privato dei colleghi e delle colleghe, nel prendere i mezzi e mangiare in mensa, tutto quello che abitualmente fai, non è paragonabile al silenzio di starsene in casa da soli ad ascoltare musica ad alto volume.
Non parlare con nessuno, non vedere nessuno. Almeno sino a un certo orario, quello che decidi tu.
I bar alla mattina e nel primo pomeriggio sono pieni di vecchiette che passano la giornata come te, più o meno. Persone che starebbero in casa tutto il giorno a vedere i programmi loro dedicati, al massimo del volume consentito dalla loro sordità.
Escono solo quando finiscono di lavare i piatti, le tazzine e il cucinino, quando la televendita del programma è terminata e riempiono i bar bevendo spuma, un bianchino o qualche caffè.
Anche mia nonna lo faceva.
La televisione meglio lasciarla sempre spenta.
I programmi di cucina fan venire solo voglia di mangiare e diventare grassi, ingurgitando fottutissimi dolci sorridendo allo spreco.
I telegiornali non fanno altro che ricordarmi che non andrò mai in pensione, che non avrò mai un futuro, che lo spread e i bond e le tasse e l'ici e l'irpef...
Il risultato è soltanto la voglia omicida di andare fuori, in strada, e uccidere tutti i vecchietti e le vecchiette che incroci. Senza sentimento e solo per la loro pensione.
Ovviamente non lo faccio perchè il divano vince sempre attaccandomi con la sua forza di gravità più forte rispetto alla mia voglia di uscire in maniera direttamente proporzionale. Più mi deprimo, più voglia di uscire accumulo e più mi incollo al divano.
Per fortuna mi restano i libri.
Li compro, ne faccio cataste, li leggo anche alle volte. Ma ne compro molti, più di quanti ne possa leggere. E' una forma di difesa personale, mi danno un segnale concreto per andare avanti.
Finchè avrò libri da leggere non potrò mai deprimermi troppo, perdendomi in quelle storie. Perdendomi in quelle storie non potrei mai farmi del male.
Anche se vedo il telegiornale, mi incazzo, voglio uscire a uccidere vecchietti, non esco, sto in casa, mi deprimo, leggo, non mi deprimo più, non mi faccio del male. Strano circolo vizioso.
Capite voi ora la difficoltà del non fare niente. Molto più stressante della quotidianità precedente.
Quella quotidianità che ti portava sui mezzi pubblici a girare la città, a vedere le stesse facce e dire le stesse frasi di circostanza. Molto più difficile.
Tristezza.

venerdì, dicembre 02, 2011

Cronaca di una cena annoiata

Un uovo, spinaci surgelati e un birra. La prima stasera.
La prima ha sempre un gusto diverso, ferroso e dissetante, come leccare
un ghiacciolo in inverno, quando il controsenso è meglio del gusto.
Dal tetto si vede tutta la città, almeno fino al muro del palazzo di fronte
mentre dalla mia finestra si vede soltanto il muro. Questione di spazi e
punti di vista. Tu dici visioni limitate, io mi limito a un sorso di birra.
Gli spinaci si stanno scongelando, l'acqua bagna il tavolo ma la mia
immagine allo specchio non cambia. Resto un bel ragazzo anche con un
primo piano, nonostante gli anni mi abbian segnato. Senza aver fatto un
cazzo, sia chiaro. Ma l'acne, le birre, il poco sonno e le rotture di coglioni
han detto la loro.
Sarei molto più bello in campo lungo, camminando verso l'obiettivo. Lo
sguardo perso ma concentrato, finto malinconico. So benissimo che non
c'entra niente, ma bisogna allungare il brodo.
La pentola si scalda butto gli spinaci. Quelli col formaggio dentro, surgelati.
Erano in offerta. In offerta come tutto ciò che ho in frigo, retaggio dell'ultima
spesa fatta oltre 20 giorni fa. Sono senza lavoro, devo risparmiare.
Peccato che poi compri cd e libri senza trattenermi.
Non ho turni adesso, senza tempi precisi tranne la cottura di questi spinaci e
il calcolo del tempo esatto in cui metterò l'uovo.
L'uovo amalgama, tiene insieme, fa volume e ci metterò un pò a digerirlo.
Un sorso di birra, sta finendo come spesso finiscono le belle cose, sopratutto
se chiuse in bottiglie da 33cl, in scopate da 5 minuti o in canzoni.
Mi perdo nel vedere una zanzara che si sposta tra il divano e la televisione
spenta. Sembra che mi culli ma poi mi vuole inculare, pungendomi a tradimento,
stordito dal suo continuo girare. Ma poi questa non è stagione per una zanzara.
Non lo so. Continuo a pensare che chi crede di sapere tutto serva soltanto a
tenere buoni gli ignoranti e gli analfabeti.
Prendo l'uovo, lo butto nella padella e mischio tutto. Fisso la padella finchè tutto
non è cotto. Il mio sguardo è sempre stato accattivante.
Scusa se (non) dico di stare male, ma non sono proprio in forma. Soltanto che qui
non c'è un allenatore che mi tiene fuori ad ogni costo, mi tocca giocare.
Dalla padella tutto passa magicamente in un piatto.
Adesso mi tocca salutare, devo mangiare fissando il vetro, non vorrei perdere l'idea
che mi è venuta.