L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

lunedì, gennaio 24, 2011

La voce narrante

C'eran quelli cui non interessava sapere come andavano a finire le storie che venivan raccontate.
Poi c'eran quelli che rimanevano incollati alle labbra di chi raccontava per avere una base da cui far partire il sogno della notte che stava arrivando.
Tra loro si sedevano quelli che dormivano, quelli che pensavano che disegnando alberi e casette con il sole un domani sarebbero diventati degli artisti.
Un paio avevano il vizio di stare attenti senza capire nemmeno dove si andava a finire.
Erano quelli sempre attenti e vestiti bene, che si innamoravano dei vincenti e di quelli che andavan di moda.
In mezzo a tutti questi, chi rimaneva incollato alle labbra della voce narrante era visto come un perdente, perchè non aveva un colore o uno schema di gioco, ma era soggetto alla fantasia e oggetto del colore. Anche se nei loro sogni c'era la luce e non riuscivano a disegnarla.
Poi si passavano in rassegna tutte le facce, tutti i corpi, provando a giustificare le ansie e le paure, ma sopratutto esaltandone le gioie, provando a trovare il senso in ciò che era fuori dalle loro menti. Perchè il contatto tra il Mondo esterno e quello della nostra mente passa dalle orecchie, come la voce narrante di ogni storia che viene raccontata.
Il frutto naturale di banalissimi ricordi mischiati a volti noti e a corpi conosciuti senza moralismo.
Senza stagioni passate sdraiato su un letto di foglie appena cadute, in riva al mare. Al chiuso di una stanza con poche finestre e i disegni dei bambini appesi al vetro.
I soli disegnati su quei fogli di carta oscuravano i raggi di quello vero, con la finzione a far da scudo alla nostra immaginazione.
La voce narrante ci diceva cosa avremmo sognato quella notte, dove anche gli incubi più brutti diventano il ricordo della banalità e la mia mano non era sola ma guidata da una voce scura, in lontananza.

martedì, gennaio 11, 2011

Il lieto fine è un favola

Il re è malato, la regina è nuda e la principessa è troppo piccola per il regno.
Ultima notizia a breve giro di posta, stiamo attenti, anche perchè la notte è appena terminata e di prima mattina si è più deboli.
Più facilmente colpibili, fuori dalle lenzuola, con il sogno ancora impresso in mente e le mani intorpidite, i piedi doloranti e la schiena contorta.
"Erezione" dice il cervello confuso, come una spada eretta a protezione delle proprie quattro convinzioni. Mentre fuori c'è il sole e piove, tutto nelle stesso tempo.
Come il sangue che sgorga dalle tue ferite insieme a parole non dette e concetti inespressi. Pulisco col disinfettante, che lascia odore di pulito come quando esce il sole dopo la pioggia, senza nascondere ciò che era successo.
Ma mi ripeto.
Il re sta molto male, la regina si sta masturbando e la principessa non può crescere troppo in fretta. E' un suo diritto.
Anche se la giornata prosegue, l'attenzione si alza e si abbassa lasciando poche sorprese al caso, terrorizzando ogni minima espressione di gioia.
Ridere può far male al re, ridere non lascia speranze aperte ma offusca le menti.
"Colpiscimi bene, prendimi bene" grida la tua mente per essere fatta fuori per il torpore delle cose che si inseguono senza un senso, senza lasciare al tatto un qualcosa che possa essere ricordato. Come le pareti bianche e le pagine scritte senza senso.
Lasciando che il freddo possa entrarci dentro e colmare i vuoti. Strutturali. Di coscienza. Di colore.
Pensando che non ci siano giorni buoni, giornate giuste, momenti da ricordare.
Scambiando i propri umori con odori e organi preconfezionati, come le porzioni per il pranzo consumato insieme e finito allo stesso modo. Senza parole.
Il re è quasi morto, la regina urla e si masturba e la principessa ha le mani sporche di cioccolato. E' arrivato il principe che piange a dirotto e non sa che fare.
Arrivano da altre parti del mondo le cose che sono diverse. Per pelle. Per lingua. Per odore.
Arrivano da altri sogni tutti gli incubi che colpisci a bottigliate e vuoi scomporre in tante piccole note musicale, con cui musicare una marcia non necessariamente funebre.
Attento che poi cade il cielo che una volta era alto e azzurro, ma poi è arrivata la notte e si sono accese le luci. Però adesso qualcuno le ha spente di nuovo. Per sempre.
Comincia a fare freddo anche dentro, forse meglio chiudersi bene e non far passare gli spifferi.
Penseremo poi a cosa dire fuori, cosa utilizzare, senza prendere precauzioni e bucando tutti i preservativi. Parleremo di come siamo fatti dentro come se fossimo una città, ma soltanto dopo il coprifuoco.
Ora no, perchè è tutto vero.
Il re è morto, la regina gode e la principessa è andata via. Il principe sta piangendo sopra una sedia mentre con una corda gioca a fare dei nodi strani.
Il lieto fine è favola a metà.

sabato, gennaio 08, 2011

Morsi e pianti

Quando non sai cosa scrivere perchè stai pensando a come pasticciare altri fogli bianchi con altre parole che poi serviranno soltanto per il fuoco una volta stampate o per farti ridere dietro da chi non ha il coraggio per riderti in faccia.
Ma in fondo una volta un saggio disse una cosa che poi ripresero in molti e poi altri ancora ci hanno costruito sopra storie film canzoni e messaggini per le fidanzate.
Se ti guardi indietro non guarderai ciò che hai fatto ma penserai a ciò che non hai fatto e allora io provo a scrivere altro anche se credo che questa cosa abbia poca rilevanza e nemmeno con una balistica illusoria potrà far ragionare qualcuno però io quando sfogliando un giornale ho letto questo mi sono messo a pensare.
Vero è che sembra esser meglio il piangere per un qualcosa che si è tentato anzichè aver rimorsi di non aver fatto ma in fondo che problema è e sopratutto perchè pensarci ora che magari tra venti o trent'anni non ci si arriva e poi in fondo già oggi non mi ricordo delle cose che non ho fatto un paio di anni fa.
Per questo mi sono detto che un riempitivo scritto in due minuti come questo potesse almeno ridar vigore a una fase di stallo e che la punteggiatura mi potesse toglier tempo e non vorrei mai tra dieci anni aver rimorsi per quei secondi persi per una corretta punteggiatura e allora viva il punto che termina spesso i discorisi ma che quando viene ripetuto tre volte lascia aperti scenari allusioni e messaggi sottintesi che nutrono la fantasia e aprono la mente quando invece un punto chiude tutto.
Già però come è difficile farsi capire.