L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

venerdì, gennaio 09, 2015

una semplice vita

io non sono una persona acculturata. sono mediamente ignorante.
mi informo ogni tanto, ma per pigrizia non lo faccio spesso. forse, ma sottolineo il forse perchè non mi interesso particolarmente di ciò che fa la media delle persone, lo faccio un pò più della massa.
non sono neppure una persona buona, sono cinico e a volte egoista.
mi appassiono però delle vite altrui, raccontate o lette però, non spiate sui social. mi piace, se posso e se sono in grado di farlo, aiutare le persone cui voglio bene. non sono altruista però, ma è una forma di egoismo da condividere.
dico queste cose perchè non voglio farmi parte di chi si sente qualcosa o qualcuno in questi giorni.
io voglio semplicemente una vita tranquilla.
che non è una vita disinteressata o appagata, non è una vita sedentaria o una vita monotona.
assolutamente. la mia tranquillità passa dal dinamismo, dall'interesse, dalla curiosità per ciò che ho intorno, da ciò che è a contatto con me.
una vita tranquilla passa dalla conoscenza di chi mi è accanto (che non sempre può essere totale), dall'affrontare col dialogo i problemi o dal non scappare di fronte alle vere necessità.
in questi giorni siamo tutti qualcun altro, ci sentiamo parte di un moto di solidarietà pro qualcosa, contro qualcuno.
io non sono cattolico, non sono un conoscitore delle religione e tantomeno posso definire cosa sia l'Islam o il Cristianesimo. ho studiato Mediazione Interculturale per passione e non per caso, mi sono sempre interessato di politiche internazionali e nazionali, di terrorismi (più nazionali) e parzialmente di integralismo, ma non sono un esperto però e non parlo di questo.
non mi permetto di dare giudizi a niente e nessuno e non ho soluzioni socio/politiche a questo problema. ho una mia opinione, banale e diffusa, che gli integralismi siano sbagliati.
di ogni tipo, da quello religioso a quello politico, alimentare, culturale. tutti.
penso solo che non ci siano differenze di alcun tipo tra ciò che avviene a Parigi o nella via accanto a casa rispetto a ciò che sta avvenendo o è avvenuto in Ucraina, in Nigeria, in Palestina, in Turchia.
non ho tesi complottiste, ma le leggo quasi tutte, e non ho tesi filo occidentali, ma le ascolto quasi tutte.
io voglio semplicemente una vita tranquilla.
per questo vi invito a una cosa.
anzichè scandalizzarci, invece di mettere immagini o scrivere frasi con bellissimi hastag, invece di essere contro qualcosa o qualcuno, al posto di credervi qualcuno chiusi nel proprio profilo su un social network e fare azioni inutili, che non servono a un cazzo, proviamo a essere più umili e umani.
facciamo un passo indietro e proviamo a conoscere chi ci sta attorno.
non parlo solo di fondamentalisti. facciamo un passo indietro su tutto.
torniamo a lasciare da parte costruzioni e piattaforme virtuali, sogni commerciali e volontà di avere sempre di più.
torniamo a parlare a voce, a leggere molto di più cercando di capire cosa spinge gli altri a fare un gesto estremo. questo esercizio iniziamo a farlo nella vita di tutti i giorni, nel litigio al semaforo, alla coda in posta o col partner.
non dico di non litigare, proviamo a capirci. rieduchiamoci al contatto.
arriveremmo a comprendere meglio l'omosessualità, le ideologie, le culture. forse.
forse aumenteremmo il nostro livello di letture o ascolto musicale, il numero di film.
le persone conosciute grazie al dialogo vero. non i social, non le chat. quelli usiamoli per diffondere, per far conoscere.

questo invito non risolve le questioni internazionali, non riporta in vita i morti che questi conflitti stanno generando. ma forse ci porta a capire meglio il motivo e spostare l'obiettivo non solo sulla religione ma su interessi differenti.

non è un invito da santone. come detto sono impuro, ma credo in ciò che ho detto e ci provo e questi avvenimenti mi fanno capire sempre più che ciò che serve sia questo.
le idee e le opinione ci devono essere, bisogna lottare per esse ed essere pronti a cambiarle di fronte a fatti o idee altrui più corrette. ascoltare e capire anche se non d'accordo. non chiudersi ma aprirsi.
solo questo e solo perchè io voglio semplicemente una vita tranquilla.

mercoledì, giugno 05, 2013

Contare al contrario mi riesce facile davanti allo specchio

La delusione di contare partendo da 10 al contrario, e non vedere cambiare le cose.
Quella che lasci nelle persone che incontri per strada e anche dopo anni ti lasciano solo
il ricordo di un saluto. Lo sguardo perso di un ragazzo di fronte alle emozioni, il non
aver mai abbracciato mio padre dicendo ti voglio bene.
Sapere che tra qualche anno ripenserò a quelle due o tre cose che ricorderò di questi anni
e con rimpianto mi dirò quanto son stato coglione e poi gettando via tutti i ritagli degli
oroscopi che ho accumulato in questi anni, tutti i sogni nel cassetto e le troiate che mi
son sentito dire, capirò che forse la colpa è sopratutto mia.
La speranza in un conto alla rovescia, ecco cosa è la vita.
Aspettare che qualcosa cambi andando verso la fine, che un figlio possa cambiare le cose,
che un amore le migliori, che un lavoro le stabilizzi.
Addirittura sperare che alcol o polveri magiche ti migliori il tempo.
Ma poi la speranza finisce, come quando scarti l'ovetto di cioccolato e dentro invece del
pupazzetto c'è un giochino di merda. Inutile quanto quei pomeriggi al parco a parlare di fica,
rock e calcio invece di studiare.
Potessi tornare indietro a quei pomeriggi pagherei oro oppure darei i pochi capelli che ho,
qualche libro e il televisore.
Quando superi la prima metà e dal 6 passi al cinque, sai bene che potresti bruciare il desiderio.
Sei non sei troppo coglione cominci a darti alternative e se sei troppo illuso continui nella speranza.
Il numero di coglioni che ce l'hanno fatta è altissimo e tutti gli altri si sono suicidati, perchè
se speri troppo e hai troppa passione tornare indietro non è possibile. Troppi ricordi, troppe
figure in bianco e nero e quei sogni un giorno colorati si ripresentano come scheletri
nell'armadio. Fantasmi di sogni passati come conti da pagare, debiti col tuo Io.
Superata la metà tutto è più veloce, come una strada di ritorno dopo una bella serata piena.
Gli occhi cominciano a riempirsi di lacrime perchè hai paura di non trovare ciò che
speravi e forse ti rendi conto che lasciare ciò che hai è altrettanto doloroso. Ripensi ai
pesci rossi, ai tuoi libri o ai fatti tuoi e tutto sembra migliore di quel che è.
Attaccato a discorsi inutili che potrebbero salvare il Mondo, perlomeno il tuo o quello del tuo
vicino di casa, ti lasci andare e vai verso la fine. Chissà cosa sarà poi questa fine.
La fine di cosa, di chi.
Non ricordo più il motivo di questo conto alla rovescia, ma so che era per passare il tempo o per riempire un vuoto, come molti pensano di fare quando giudicano gli errori o i fatti altrui.
Un ego si può nutrire in più modi, io gli offro un altro caffè poi prendo la bici e inizio a contare.

sabato, maggio 25, 2013

Strada di casa

Vivo di personaggi a caso e senza che me lo chiedano prendo da loro spunti casuali.
Non faccio la spesa da molto tempo e mi nutro di quello. Spunti a caso.
Però la domanda torna assillante e dove stai andando nella strada verso casa lo
scopri solo semaforo dopo semaforo. Dimentichi la password del tuo telefonino,
il nome del tuo vicino. Come cazzo si fa a entrare in questo blog, non mi ricordo
più, ma so bene che tutto è fatto così perchè non ci fidiamo più.
Non tanto degli altri, ma di noi stessi.
Devo ricordarmi la strada e non pensare a qualcos'altro, ai fantasmi nella testa o
ai ricordi di giornate passate. Devo pensare alla strada e non perdere tempo
a lamentarmi del nulla, di ciò che non ho, del fatto che era da ieri che non
vivevo una giornata così di merda.
Perchè svegliarsi sempre con la stessa donna al proprio fianco non è sempre bello,
lo diceva mio nonno, che diceva anche che l'incoerenza non si sposa con la
saggezza e il buon vino porta consiglio.
Ma puzzo sempre di alcol e invecchio male. Cinico e distorto o uno stronzo,
vestito bene o scarpe bucate da una lunga passeggiata. Pensavo che la vita la si
vedesse del colore dei propri occhi, quasi come avessimo un filtro che ci fa
vedere tutto bene o male. Ma non è così e sopratutto gli occhi non cambiano
colore, cambia colore il cielo, cambiano colore le mutande, cambia colore la
consistenza di quello che si fa...e il bianco fa male. Anche se bevuto freddo
come aperitivo.
A tal proposito, in questo bar mi fermo sempre a bere il caffè, anzi meglio dire
i caffè e comunque se riconosco il bar vuol dire che sono sulla strada giusta
per casa mia. Che non è quella giusta nella vita, non sempre.
Ma è quella dove posso dire che qualcosa è mio, nascondendomi sotto le coperte
e guardando fuori dalla finestra pensando che nessuno mi possa vedere.
Ma nessuno vuole farlo in queste condizioni.
Non trovo il portone, ma dove cazzo sto andando non lo so.
La confusione la vedo ma mi sento estraneo, cerco appigli provando ad andare a
galla, ma forse quelli sono pesci rossi dentro una vasca tonda.
Una vita limitata, ma basta non dirglielo. Appena arrivo a casa, se trovo la
mia strada o il portone o anche solo uno stronzissimo vicino di casa, mi metto
a bere fino a domani, fino a quando potrò dire che anche oggi è stata una
giornata del cazzo, quasi come ieri.

mercoledì, aprile 24, 2013

non finirò in terra, nè in cielo e tantomeno in acqua

Una goccia d'acqua fa presto a cadere e non lasciare nulla. Evapora e torna libera,
senza nulla da dire e senza nulla da dare.
Una goccia d'acqua come milioni di persone, come auto in tangenziale, come
matrimoni finiti presto, come canzoni d'amore in tempo di guerra, come guerra in
tempo di crisi.
Una goccia può avere mille intenzioni, motivazioni.
Può desiderare di evaporare subito e ricominciare da capo. Vapore, acqua, pioggia,
goccia, vapore...e via all'infinito.
Può volersi unire a uno tsunami e spazzare via tutto quello che trova, forza incoerente
e incontrastata nel mare dell'indifferenza.
Può essere parte di un progetto, in una pozza d'acqua dove altre gocce unite formano
qualcosa. Ha il dramma di arrivare ostinatamente a volere qualcosa e poi dimenticarlo,
vuoi per la caduta, vuoi perchè le altre gocce non seguono il suo percorso. Liberarsi da
tutto e non voler evaporare.
Perchè non sempre vuole evaporare e ricominciare e non sempre ha la forza per farlo.
Una goccia d'acqua ha mille attenuanti e un solo destino, il suo, col rischio che sia il suo
destino a evaporare. Quello che desiderava e forse addirittura sognava.
Un mare, un lavandino, una pozza. Un boccia per inutili pesci rossi. Ma un qualcosa dove
dire la sua senza entrare in un bicchiere d'acqua pisciato via, nel getto di una doccia
rinfrescante o nel getto di un rubinetto che va via.
Via nel gorgo di un nulla, di gioco d'acqua perchè si ha caldo. Dell'indifferenza.
La goccia d'acqua è inutile, lo sappiamo tutti, come sono inutili i propositi di inizio anno e
i "ti amo" detti per dire. Le persone con gli ideali e gli ideali senza le persone.
Perchè la paura non sta nel volare, nello scendere acqua o salire vapore. Sta nel senso di
sconforto nel finire come non si vuole, nell'annegare nel proprio essere, nel fatto che pochi
ti possano capire e lo fai per loro. Che a volte sogni di morire anzichè evaporare.
Una goccia può posarsi anche su un viso e sembrare una lacrima, può ma non lo è.
Una goccia non è  nulla ed è la prima a saperlo, si guarda bene dal giudizio altrui, ma nella
sua dignità sta attenta al sole per non finire presto, troppo presto.
In fin dei conti una goccia lo sa, la fine più probabile è in un cesso in un getto di piscio e non
se ne dispiace se almeno prima ha provato ad essere pozza o ad esser mare o ad esser morta.

mercoledì, febbraio 27, 2013

Solitudine

Non scrivevo da tanto perchè non avevo nulla da dire.
Anche ora non ho molto da dire, ma non ho nessuno con cui parlare. Difficile descrivere
le sensazioni e ancor più difficile far comprendere lo stato.
Ho trentadue anni, non sono pochi e non sono tanti. La cosa che fa più rabbia è quel senso
di impotenza quando cerchi di fare. Mi spiego. Ci provo.
Non sono triste, sono ancora conscio che nei miei trentadue anni ho fatto cose giuste e
combattuto le mie battaglie. Sono uno che si appassiona, che sa piangere e sa sudare,
che sa combattere e sa perdere. L'ho fatto come potevo e lo farò come potrò.
Non voglio pensare a come o dove ma lo farò. Lo faccio per le mie idee, con il mio progetto
e con le mie azioni. Lo faccio essendo considerato da molti un perditempo e un coglione.
Lo faccio vedendo negli occhi di molti la preoccupazione per il mio futuro, per ciò che sarò.
Mi vedo anche io tra 5 anni senza nulla, è il mio incubo ricorrente tutte le sere prima di
andare a letto, prima di chiudere gli occhi, anche quando bevo.
E' la prima motivazione per cui mi alzo al mattino e spero di non darla vinta a me. Alle mie
ansie e alle mie paure. Lo faccio credendo in ciò che faccio e prendendomi delle scelte che
forse tra non molto rimpiangerò.
Lo faccio senza lamentarmi e chiedere aiuto. Lo faccio.
Ma è sempre difficile farlo quando intorno a te vedi tronfare il nulla. Quando capisci che gli
sforzi sono inutili, che il banale vince sul pensiero.
Non mi riferisco solo alle elezioni, ma hanno influito. Credere in un cambiamento poi
fallito porta per forza allo stordimento.
Questo è, così mi sento. Stordito per come sono, per ciò che faccio, per ciò che ho fatto.
Ho trentadue anni e alla mia età mio padre era da poco padre. Io è meglio che lascio perdere
il capitolo, ma diciamo che ho fallito. Il rischio di fallire è proprio dietro ogni angolo.
Non voglio avere le paure di mio padre e mio nonno, non voglio aver timori. Mi hanno
dato molto, voglio dare tutto. Per cosa non lo so. Non credo più, ne sono quasi certo che il
mio futuro sarà di esser padre. Lo credevo, non lo penso più.
Quali certezze posso dare, che certezze possiamo dare.
La sensazione oggi è di essere solo, non è un status ne un motto. Una sensazione.
Pur avendo gente attorno, pur condividendo molto.
Solo in mezzo agli altri. Andrò a letto con le mie paure, penserò alla mia instabilità,
al mio non lavoro, ai miei sogni. Mi dirò che devo crescere. Mi risponderò che ho più coglioni
io di molti altri. Mi riderò in faccia e mi alzerò ancora più voglioso.
Lasciatemi sfogare questo mio stato con me stesso. Solo.
Perchè solo si può essere anche in mezzo a mille altri come te.
L'importante è non perder mai la speranza che un giorno anche solo un progetto dei
mille pensati trovi concretezza. Mi basterebbe.

Scusate tutte queste parole, alcuni le troveranno melense altri diranno che lo faccio per
farmi bello. I pochi che mi conoscono, molti dei quali non leggono questo blog , sanno
che son sincero.
Ho trentadue anni e spesso ho paura. Prima di andare a letto, quando guardo il mio conto
in banca, quando mi faccio la barba.
Domani mi sveglierò e mi maledirò i miei pensieri.

mercoledì, gennaio 16, 2013

Io non sono Dicembre

Dicembre era un miraggio, passato presente e futuro. Venne dentro senza nemmeno
chiedere il permesso, forte del lavoro fatto. Accartocciato e gettato.
Dell'esperienza passata teneva il ricordo e la consapevolezza, ma ricercava con ansia
fuori da se stesso ciò che poteva essere il suo bene. Un bene effimero, un bene che 
non era star sereno con se stesso. 
Dicembre aveva ansia di avere pace e la cercava con la guerra.
La sete di tranquillità sfogata in boccali di birra, come se nulla fosse e come se
tutto fosse normale. Sete di vita e fame di morte.
Non dormire, non mangiare, bere. Non amare, non provare, odiare.
Tutte le vie del futile e del facile erano il modo migliore per toccare l'utile. La 
sensazione di forza riempiva le pieghe del viso di Dicembre, in ogni suo posa e 
in ogni suo foto. Distruggere era la sola azione a quel costruire in cui nei mesi 
precedenti si era forgiato e migliorato.
Dicembre distrusse novembre e ottobre, scavalcò l'estate e tornò a marzo.
Pensieri di forza, ricerche forzate. L'ansia di cercare qualcosa fuori.
Desiderare la fine per non avere nuovi inizi. Dicembre si guardò allo specchio,
era giunto alla fine dei suoi giorni e alla fine del suo esistere. Poteva solo peggiorare
o trovare l'interruttore per riaccendere la luce.
Fu lì che ci fu luce come di colpo o per fortuna, anche se di certo era solo
volontà. Quella voglia di tornare ad essere come era, non Dicembre.
Ripercorrendo piccoli passi, ignorando chi non ti è vicino. Ignorando cosa e chi può 
essere ansia, per trovare dentro sè cosa manca. 
Provare odio, amore, paura, dolore, gioia. Tornare a sorridere per un gioco, meravigliarsi
per la mano di un bambino, calmarsi per un corso d'acqua e incazzarsi se le cose non 
vanno. Emozionandosi ancora. Piangere e ridere.
Prendendo il proprio IO debole e facendolo crescere come un bambino, senza 
andargli contro ma educandolo, consigliandolo come un amico. 
Dove sia andato Dicembre non si sa. Si sa solo che dopo un pianto innaturale di lui
non si hanno più tracce. Almeno per ora.

lunedì, dicembre 31, 2012

Il colpo di teatro


L'inizio peggiore è parlar di storie vere. Allora dirò che la storia l'ho inventata
da un racconto sentito per caso in un bar. Non uno di quelli belli, con le luci 
colorate che tanto piacciono a quelli perbene. Non un bar da happy hour, no.
Uno di quei bar di quartiere, con la polvere e la gente sdentata, i ricordi e le 
canzoni di Gaber e Jannacci in sottofondo. 
Per dare un peso alle mie parole e al mio star male scriverò indossando la mia 
giacca migliore, una camicia bianca appena stirata e cambierò anche le mutande.
Lo specchio mi renderà la migliore immagine che ho, quella che ho sempre 
cercato di donare agli sguardi dolci e pieni d'amore della mia mamma. 
Lo farò per la sollenità e il l'importanza che hanno gli ultimi.
Sotto il ponte aspetteremo la dolce vergine passare, nuda e sbigottita tra le 
fredde onde e le nostre risate consapevoli. Fermi a guardare le onde che 
compiono il loro dovere senza pensare alla storia e ai sentimenti della trasportata. 
Eliminare le nostre passioni e formare i nostri retaggi.
Sdraiati sotto il ponte abbracceremo cuscini e penseremo distratti al vecchio
pagliaccio. Non al clown imbellettato della televisione e poi a lui non piacevano 
le parole straniere. Non invecchierò per esibire i ricordi del mio passato come 
medaglie, diceva sempre, sono un pagliaccio e come tale dovrò scomparire. 
Un colpo di teatro, un appuntamento fissato cui non parteciperò e poi via, 
così come son venuto. In fondo me ne andrò senza trucco, la maschera che 
avete sempre conosciuto sarà impressa nelle mie parole, le mie risate e i 
miei ricordi. Non so dove le ho comprare, in quale mercato le ho scovate ma 
son certo che eran mie come il diritto di lasciare tutto nel momento in cui non 
lo sento più mio. 
Tornerete a casa soddisfatti per l'ultima risata che vi ho fatto fare, l'ultimo sospiro 
prima di tornare alla sensazione che già conoscete. Diversa dal mio vuoto, 
differente dalle mie ansie. Perchè sono un pagliaccio, non un clown. 
Uno che spende i pochi soldi per colmare i vuoti culturali del suo essere e 
sbuccia cipolle solo perchè almeno può piangere senza dare nell'occhio.
Quell'occhio che lo vuol vedere sempre sorridente, perchè è il pagliaccio.
Un colpo di teatro può toglier di mezzo il teatrante, ma il pagliaccio è un 
artista e allora il colpo è d'arte.
Sarò in quel posto a quell'ora e sarà meglio del solito, perchè saran ricordi.
Fu così che disse il pagliaccio senza trucco e sorriso, senza maschera e vestito.
Lasciò gli altri così, sulla riva del fiume sotto il ponte in cui li rese la condizione 
passata. Togliendo la camicia pulita, senza nulla addosso, un ultimo sorso al 
bicchierino di bianco e poi via. Ci rivedremo forse, prima o poi.

giovedì, dicembre 06, 2012

Post onanistico, antisnob e populistico

Farà piacere anche un mazzo di rose o una pacca sulle spalle al vincitore della gara o
alla fine dello spettacolo. Vanno osannati i primi ma anche all'ultimo non lo si lascia
andare via a mani vuote.
Una fetta di salame, un pezzo di pane. Non avendo mogli ubriache è anche più facile
avere sempre la botte piena per un bicchiere di vino. Anche se sei astemio.
Io non bevo mai per piacere o diletto, lo faccio solo per sete e per dormire la sera.
Però non voglio bere solo, ma soltanto in mezzo a una folla che mi applaude.
Perchè son primo o più facilmente perchè sono arrivato ultimo, ma mi sono impegnato
ed ero anche quello vestito meglio. Bravo bimbo, "sorridi a mamma".
Alla fine è tutta questione di merito, anche il demerito è qualcosa che ti devi guadagnare,
come il rispetto, i soldi per il divano, la gita in barca dentro casa quando la lavatrice
butta acqua da tutti i buchi. Quando fuori piove non avere l'ombrello non è
un atteggiamento ma è attitudine.
Non basta l'abito a fare il monaco e non serve un giubbotto di pelle per essere un rocker
e spaventare le vecchie per strada. Serve la testa, serve il cuore.
Serve sentire come sta un'altra persona anche soltanto guardando gli occhi tristi mentre
ride fino a piangere. Perchè piangere a volte è come prendere a schiaffi i propri fantasmi,
ma piangere non è facile, lo fanno solo gli uomini veri.
Io voglio fare qualcosa di utile, anche nel sognare o nell'arrivare ultimo. Magari anche
nel non arrivare, perchè mi son fermato a un bar a giocare a scopa coi vecchi o ai bordi del
Naviglio ad aspettare che passi il mio cadavere, contando le stelle e ricominciando quando
perdo il conto.
Io voglio essere venerato tra tutti gli scrittori di blog inutili e gli inutili, fottuti
schiacciatori di tasti da twetter, tra cacciatori di pensieri e taggatori anonimi di foto senza
senso. Voglio che mi venga riconosciuta la mia stazza, voglio che quando passo mi si saluti
come quando nei paesini passava il maestro della scuola elementare.
Voglio che si adori chi ha il coraggio di scrivere, di cantare, di pensare, di mandare un
messaggio di troppo e dire come stanno le cose.
Un giorno, tanto tempo fa, pensavo ce l'avrei fatta. Ora dico solo che vorrei essere adorato.
Voglio e non vorrei.
Non mi bastano mazzi di rose, conigli pelosi di peluche e cenni con le mani. Gente che scrive solo documenti destinati a non essere letti e ad ingiallirsi non può e non deve più scherzarci sopra. Non glielo permetterò più fosse anche l'ultima cosa che farò prima di fare colazione. Io voglio l'adorazione del non essere famoso, del non essere bello, dell'essere sempre e comunque qualcosa di fuori posto.
Ma di presente ragionato e valutato.
Non sono impazzito, non è lo sclero di un matto, a meno che per matto non si intenda
qualcuno che fa cose che altri non farebbero, non rischierebbero. Mi son sempre piaciute le cose
vere anche se sbagliate, un pianto vero a un finto sorriso. Un vero amico a profili inventati.
Non importa quello che tu dici di me o come consideri ciò che scrivo. Importa che io lo faccia e
che voglio essere adorato perchè lo faccio.

mercoledì, novembre 28, 2012

Nel dubbio è giusto che io sappia che la deriva depressiva del mondo postmoderno non mi piace

Non mi piace sentirmi di troppo del tipo "sai c'è anche un mio amico, sai che dici usciamo, sai che pensi ti va di aggiungerti", non capisco i romanzi d'amore e i fotoromanzi. Aspetto sempre che si spoglino e scopino e alla fine non succede. Si baciano in riva al mare, anche se è inverno e siamo a Milano o Cologno Monzese.
Non mi piace sentirmi un peso per casa mia, che non è abituata a me e alle mie bestemmie libera mente. Son due giorni che l'occhio sinistro a tratti non funziona. Mi taglio i baffi ma non funziona a farlo passare. Ieri Alessandro mi diceva che il fatto che non riusciamo a digerire è dato dal nervosismo interiore. Io gli ho risposto che vomito anche per una mela mangiata a metà pomeriggio e anche se sono a digiuno dal mattino. Mangio male e poco. Bevo male e poco. Alla fine la soluzione gliel'ho data. La gioia non va più di moda.
Ma lui dice "di quale essenza siamo schiavi?", ma non è l'essenza è che si è senza.
Cosa non lo so. Però non mi piace.
Cammino anche per andare in bagno, facendo due volte la strada che divide il divano dal cesso senza senso avanti e indietro. Sarebbe bello vivere in una casa non mia per consumare il pavimento altrui. E comunque il riscaldamento ancora non lo accendo.
Sai non mi piace pensare che negli Stati Uniti sono migliaia quelli sotto i trentacinque anni che vivono per strada. Non mi piace anche perchè Milano non è Roma e non ci sono tanti ponti, sopratutto in centro, non amo la periferia.
La periferia non mi piace, i margini mentali mi piacciono.
Nel dubbio non mi piace sentirmi inutile, è giusto tu lo sappia prima di sentirmi dire "che ora è?" solo per darmi qualcosa da fare. Non mi piacciono gli orologi e gli ombrelli.
Non mi piace la moda. Non conosco Gioia. La gioia non va più di moda, ma allora di quale dipendenza siamo schiavi? forse dipende da qualcosa.
Ieri ho preso molta acqua camminando per tornare a casa. Ma non riesco a prendere la febbre o il mal di gola. Nemmeno andando a letto con i capelli bagnati. Non riesco a potermi prendere cura di me.
Non mi piace camminare senza musica perchè non mi piace pensare in serate come ieri sera.
Non mi piace essere bello intelligente e sexy. Ma tanto non è un mio problema.
Ho mangiato una mela da poco per pranzo e non la digerisco. Mi prendo un altro caffè. Doppio. Forse è la soluzione prima di prendere la via per andare da qualche parte. Dove? Non mi piace andare tanto per andare. Non mi piace nemmeno fare le cose tanto per farle. Ma cazzo non mi piace nemmeno la parola pianificazione, mi dà l'idea di capitalismo.
Non mi piace chi vuole entrare in casa mia per benedirla e chi invece entra per entrare. Niente
come la noia può ammazzare una mente fervente, immagina la mia.
Non mi piace il democristiano anche se nuovo e lanciato, ma nemmeno chi dalla "generazione
dei padri" che ci ha rovinato pensa di cambiarmi la vita. Che poi già cambia da sè e non mi piace.
Vado al mare, vado al mare, vado in bici e per pensare.
Non mi piace che avrei bisogno di mio nonno per avere in casa qualcuno con cui parlare su tutto. Donne e calcio, macchine e politica e senza mai arrivare a una conclusione, perchè chiudere un discorso come si chiude una scatola di cartone per poi archiviarlo non serve a nessuno.
Serve a dare certezze a chi ne ha bisogno e me non piacciono troppe certezze. Mi danno sicurezze. Allora vado al mare.
Non mi piace che questo post perchè l'ho scritto per me e non per qualcuno, anzichè parlarmi.
Tu, qualcuno, ogni tanto pensa che magari potresti portarmi a pisciare. Potrei averne bisogno.

venerdì, novembre 23, 2012

Per Nessuno è quasinverno

quasinverno é quello spazio vuoto dove tutto é niente, ma è anche freddo e umido. Non si sta 
bene a quasinverno, a meno che non si voglia stare soli, senza parlare, facendo le nuvolette 
ogni volta che si respira un pò più forte. Ogni volta che si sospira. quasinverno è nausea per 
una musica triste, senso di inappartenenza a tutto. A quasinverno si è Nessuno e nessuno è 
mai a quasinverno. Si fa presto a cantare canzoni immaginarie e a sentirsi pieni di vita.
Ma il pensiero toglie energia, toglie sicurezza, porta acqua sporca e temporali.
La radio vecchia parla di elezioni e dice che tornerà un'altra estate. Paoli lo diceva con 
speranza, ma non ha mai avuto gioia. Quasi come amasse il mare d'inverno. quasinverno.
Invasioni immaginarie che invadono la mente, da un emisfero all'altro, dal reale all'involontario.
Razionalità contro istinto, finisce in pari e vince Nessuno. Affoga tutto nell'apatia e ruba i 
colori, per venderli sottobanco al mercato nero di quasinverno, quando arriveranno i surfisti 
a solcare il mare dei pensieri di Nessuno. 
Pagine bianche dove le onde alte arrivano fino al margine del foglio. Tsunami di inazioni. 
Ma il colpo di stato mentale è dietro l'angolo, il giorno di redenzione del quasinverno e l'arrivo 
della primavvera. L'elezione dello stato mentale, senza organi ministeriali, ormonali e anali. 
Vincerà qualcuno che avrà sconfitto Nessuno. Fare primarie tra "come ti senti" "come stai" 
"contro chi vuoi andare" per poi scegliere scheda bianca. Un microchip emozionale incastrato 
al dito medio della mano destra. Nascosto alle telecamere.
Quando é quasinverno i dubbi diventano certezze e i difetti altrui son le cose che più invidi.
Le persone stupide, l'ignoranza altrui, la calvizie, il fisico perfetto. Tutto sembra diverso a quasinverno. Anche il freddo non è freddo e chi non lo riconosce si chiude in casa, con tazze 
di cioccolata, camini e colpi di vita fumante o polverizzata.  Io Nessuno l'ho visto nelle mie 
foto e non volevo riconoscerlo. Infatti lo confendevo con altri volti. 
Ma nelle vite le stagioni cambiano e a vent'anni quando sorridevi c'era altro in quello sguardo.
Chiamala rabbia chiamalo sogno, magari solo furire, ma non ti avevano ancora tolto nulla 
e in quel viso non si vedeva ancora quello che saresti diventato, quel mostro a mille teste 
nella terra di quasinverno che tutti chiamano Nessuno. Che ora pensa di sognare e sogna 
di godere. Pagando in visi belli a cattivo gioco, in serrature inespresse e conti da saldare. 
Senza volerlo sei cambiato e senza far bene o male hai sbagliato. 
Si sbaglia sempre a quasinverno. Qui è già complicato capire cosa si vuole fare, figuriamoci 
quanto sia facile fare ciò che si dovrebbe fare. 
Forse fosse uno scrittore, un cantante o un imbianchino Nessuno saprebbe bene come definirsi, magari colorando quasinverno. E' così che i Giusti escono da quasinverno e passano 
a primavvera ed è sempre così che Nessuno vaga per il bianco freddo e umido torpore di quasinverno.