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mercoledì, gennaio 03, 2007

Simone e G

Sono G. Non sono uomo e neppure donna. Non ho corpo e neppure Dio.
E adesso non ho alcuna voglia di ridere.
Riempio la bocca delle persone, copro lo scempio e giustifico le malefatte.
Alle volte.
Ma sono al Mondo per l’opposto, per regolare la vita e la morte.
La morte, sì…spesso inflitta in nome mio. Io che regolo la vita.

Sono i paradossi dell’uomo.
Quelli che quando mi vogliono morale o religiosa vietano la fine di un incubo a un anima viva in un corpo di stenti e dolore. Che copre e cela le mire arriviste di stronzi in divisa di preti armati del loro ruolo dei potenti.
Spesso gli stessi mi oppongono al mio stesso essere e mi trovo a uccidere per dimostrare che esisto, che c’è democrazia, che siamo in pace. Ma io ho una certa età e di cose ne ho viste. Ho visto venirmi accostate guerre mondiali, deportazioni e genocidi.
Ormai ci faccio poco caso e pochi fanno caso a cosa sono realmente, ormai tutto è Giustizia, tutto quello che fa comodo a noi…a Voi.

Sono Simone e in pochi giorni ho visto analizzare la vita in modo diverso.
In entrambi i casi il tema era il finale, il senso ultimo, la morte.
Ho visto giustiziare un uomo che ha compiuto crimini, un uomo ripagato con la stessa moneta che per anni aveva usato: la violenza bruta.
Un uomo come certi che lo hanno voluto ammazzare e per anni accompagnato nelle sue tragedie.
Ma spesso è facile dare addosso all’untore e sentirsi puliti dopo. Ma una vita ha valore di un’altra vita, mi dicono che di fronte al Signore tutti abbiamo pari valore. La livella diceva Totò.
Già, se solo tutti avessero il punto di vista di un comico, di un clown, nel vedere il Mondo, ci renderemmo conto di ciò che davvero è tragico e di ciò che fa ridere.
Non dico che Saddam fosse santo, lungi da me farlo.
Dico che la democrazia e la pace non nascono da un’impiccagione.

Sono Simone e prima di Natale vedo scoppiare un caso enorme sulla morale di una morte.
Una morte annunciata, una morte voluta. Una spina.
Dieci anni in cui non si è vissuto e si è sofferto coi propri cari.
Ma la morale dei belli fuori è forte. Io nel mio piccolo ho vissuto momenti simili.
Vedere i nonni star male, care persone che non sarebbero più tornate alla vita.
Il mio cinismo mi ha portato a sperare la fine del loro male, del dolore di tutti.
Del non vederli più vivi. Io l’ho sperato perché li amavo.
E’ brutto dirlo, ma lo faccio.
Piangevo nel vederli così, non l’ho fatto al momento dell’addio.
Non so se sia giusta l’eutanasia, non so cosa sia giusto e cosa no.
Sono portato a lottare sempre, non mollare mai.
Ma in certi casi, di fronte a certe cose si deve sentire l’idea dell’interessato e si non intende dei suoi cari. Sono discorsi duri,ma Simone ci teneva a dirle, per l’amore verso i suoi nonni e per queste parole, che in fila tra Rimini e Ancona hanno fatto scendere una lacrima dal suo cuore di merda:

Morire dev’essere come addormentarsi dopo l’amore, stanchi, tranquilli e con quel senso di stupore che pervade ogni cosa
Piergiorgio Welby

4 commenti:

fRa_gAv ha detto...

Diciamo che sono parole che lasciano il segno, tanto quanto ripensare a tutto ciò che hai elencato ci fa riflettere e commuovere...

I nonni, soprattutto. Ma anche quel sottile desiderio di vedere cosa c'è "al di là", tipico nello sguardo di chi, come Welby, sperava di trapassare lasciando qui la propria sofferenza..

Chissà chi ha ragione e chi ha torto.

Anonimo ha detto...

Ricordo di non aver pianto neppure io al funerale, la sua sofferenza mi aveva devastata di dolore giorno per giorno, alla fine non c'erano più lacrime da versare.
Buona giornata.

la rochelle ha detto...

pur non avendo vissuto esperienze tristi come la tua, sono stato colpito in profondità dalla lucidità, consapevolezza, coraggio di quelle parole. quella di welby è stata una vicenda che ha risvegliato la coscienza civile di molti, di sicuro la mia.

krepa ha detto...

Simone voleva dire un paio di cose...idee su cose importanti, nelle quali avere certezze è sbagliato e parlare per idee altrui o prese di posizione lo è ancora di più...

ora torno in me... un abbraccio