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venerdì, marzo 04, 2011

Continuando a girare su stessi non si arriva mai allo stesso punto.

Gira e rigira non ce l'hanno tutti e i pochi che l'ottengono lottano e sudano
dietro a false illusioni. Conosco chi vuole star male solo per poterlo scrivere,
chi beve fino a star male solo per dare un senso alle sue serate. Chi per il
solo senso delle sue serate mette in gioco persino il proprio orto.
Chi odia, ama, odia e ama solo per poter dedicare poesie mai scritte che si
perdono dietro insulti a Dio e preghiere al barista di un bar periferico.
Perlomeno non troppo centrale, che non si veda troppo che si sta male.
La penombra in certe cose è importante. Fondamentale.
Il pensiero artistico è come le stagioni, dura il suo tempo e poi va via, per
ritornare al momento giusto, senza fretta. Lasciandosi alle spalle giorni su
giorni che sommati fanno mesi.
Mesi senza riuscire a scrivere la lista della spesa o un post-it di contorno,
senza riuscire a leggere poesie e pensare prose. Con tutto ciò che pensi che
brucia nel giro di pochi secondi, su un giro di note fatto di insicurezze
remote e parole che non vengono. Ma vanno.
Così, da un momento all'altro e senza avvisi.
A lungo andare tutti si credono artisti almeno una volta sola nella vita. Di
fronte alla poesia inutile alla propria inutile bella o nell' "ottimo" preso per
un disegno finto impressionista in terza media. Molto più raro che
qualcuno abbia ancora voglia di credersi operaio o contadino e sentirsi
chiamare proletario nell'era degli impiegati di concetto.
So di gente che passa ore a commentare l'operato altrui celandosi dietro
il volto trasandato dell'anonimato qualunquista. Altri ancora criticano o
fanno complimenti senza senso solo per non essere mai stati in grado
di esporre la propria pancia in pubblico. Quello che sta dentro la pancia.
Prendendo le distanze dalla dimensione delle ossa, ma continuando ad
amarne la materialità. Il virtuale è un virus che porta all'onanismo.
Il pensiero artistico è la vana considerazione dell'oggi, una collezione
di cazzate che qualcuno chiama contemporaneità.
E' il tentativo di seminare disastri per trarne grano per qualche mente,
come ha fatto capire De Andrè soltanto spargendo merda possiamo essere
sicuri che almeno il nostro giardino avrà qualche fiore. Ne basta anche solo
uno per la soddisfazione.
Il pensiero artistico non c'entra un cazzo con l'arte e l'utilità del caso.
Conosco gente che pur di scrivere due righe gira orgogliosa con la penna
sempre in tasca, cerca la frase giusta dietro il tram o all'angolo della strada,
nel solito bar o in un rigore calciato male. Altri ancora scalpitano sentendo
una canzone e lo sguardo ammirato a un bel culo è solo per la scia maliarda
della visione e non solo ammirazione. Poi c'è chi senza aver mai avuto un
solo pensiero artistico, si crede tale leggendo il pensiero di altri.

"Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il "senso della
frase" Andrea G. Pinketts

Il pensiero artistico fa il suo giro e a volte nemmeno torna indietro. Ma gira
e rigira, come le stagioni.

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