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lunedì, gennaio 24, 2011

La voce narrante

C'eran quelli cui non interessava sapere come andavano a finire le storie che venivan raccontate.
Poi c'eran quelli che rimanevano incollati alle labbra di chi raccontava per avere una base da cui far partire il sogno della notte che stava arrivando.
Tra loro si sedevano quelli che dormivano, quelli che pensavano che disegnando alberi e casette con il sole un domani sarebbero diventati degli artisti.
Un paio avevano il vizio di stare attenti senza capire nemmeno dove si andava a finire.
Erano quelli sempre attenti e vestiti bene, che si innamoravano dei vincenti e di quelli che andavan di moda.
In mezzo a tutti questi, chi rimaneva incollato alle labbra della voce narrante era visto come un perdente, perchè non aveva un colore o uno schema di gioco, ma era soggetto alla fantasia e oggetto del colore. Anche se nei loro sogni c'era la luce e non riuscivano a disegnarla.
Poi si passavano in rassegna tutte le facce, tutti i corpi, provando a giustificare le ansie e le paure, ma sopratutto esaltandone le gioie, provando a trovare il senso in ciò che era fuori dalle loro menti. Perchè il contatto tra il Mondo esterno e quello della nostra mente passa dalle orecchie, come la voce narrante di ogni storia che viene raccontata.
Il frutto naturale di banalissimi ricordi mischiati a volti noti e a corpi conosciuti senza moralismo.
Senza stagioni passate sdraiato su un letto di foglie appena cadute, in riva al mare. Al chiuso di una stanza con poche finestre e i disegni dei bambini appesi al vetro.
I soli disegnati su quei fogli di carta oscuravano i raggi di quello vero, con la finzione a far da scudo alla nostra immaginazione.
La voce narrante ci diceva cosa avremmo sognato quella notte, dove anche gli incubi più brutti diventano il ricordo della banalità e la mia mano non era sola ma guidata da una voce scura, in lontananza.

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