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martedì, luglio 31, 2012

Ho messo MI PIACE a un'offerta di una ditta di Onoranze Funebri

Mettevo i vasi dei fiori più grandi uno accanto all'altro, come a formare un grosso campo di battaglia, una foresta equatoriale sorta nel caldo afoso dell'estate marchigiana. Un'oasi sul terrazzo.
Lì combattevano i soldatini di plastica e alcuni a causa delle bombe cadevano anche giù dal terrazzo. Erano i più sfortunati perchè per tornare a vivere e a combattere dovevano aspettare che trovassi la voglia di scendere in cortile e tirarli su. Avevo una strana concezione della morte, mi piaceva perchè non era definitiva, caratteristica che ora troverei scomoda.
Sorridevo poco da bambino, la faccia scema in alcune foto con i nonni, qualche posa stupida alla comunione o alla cresima, ma ero troppo grasso per dirmi felice. Poi non ho più foto, come se tra i 7 o 8 anni e l'invenzione delle "usa e getta" la mia vita non fosse testimoniabile.
Non come ora che fotografo quasi tutte le azioni, dalla prima cagata del mattino all'ultima sega prima di andare a letto, per liberare la testa dai pensieri. Anche oggi non rido, ma faccio facce stupide.
Che colpa abbiamo noi, che non ci piace ridere se non nelle foto sceme. Quelle inutili fatte per far vedere che eravamo presenti o assenti al tempo stesso.
Difficile da capire, se non che gli altri ti vogliono vedere o credere sempre al cento per cento, perchè avere intorno gente così fa apparire migliore anche la propria vita. Più è figo chi mi sta vicino più lo sono io e sarà per questo che mi sento sempre poco figo.
Sogno delle Olimpiadi in cui si festeggi l'ultimo oppure quello che si fa il culo ma non ce la fa, serate dove si beve birra e si piange o si fa a gara a chi si veste peggio ed ha i capelli più sporchi.
C'è una canzone che mi fa piangere ogni volta che la sento. Piango anche se scrivo e la sento. Anche se mangio e la sento, oppure se mi masturbo e la sento. E' "father and son" e mi fa pinagere. Mi fa piangere perchè è un padre che parla a un figlio, un nonno a un padre, una spirale di spermatozoi. Immagino mio nonno che mi parla o mio padre che mi parla e il mio pensiero si ferma lì, perchè non riesco a vedere me parlare a qualcuno. Non sono in grado di rovinare altre situazioni.
Ci sono ore della notte in cui non si dorme e la colpa è dei pensieri troppo pesanti che arrivano allo stomaco. Non riesci a vomitare. Sarebbe bello se il divano diventasse una navicella e ti portasse lontano, oltre le luci del palazzo di fronte sino a un punto dove nessuno ti conosce e lì cominciasse a cadere. Nel nulla e poi il nulla. Sarebbe bello ma il divano non passa neppure dalla finestra.
Dovrei dormire forse, oppure vomitare o farmi una sega o tutte e due insieme e poi addormentarmi. Svegliarmi, farmi una doccia e pensare che tanto i malumori sono passeggeri.
Come quelli di un volo di linea che a un tratto va giù a picco e tu con loro.
Adesso stampo questo post e lo metto in una busta, la chiudo bene e sopra ci scrivo "per i miei", nome generico con cui si indicano in modo scazzato e distratto i propri genitori. La leggeranno  appena rientrati dalla solita lunga estate senza capire che l'ho scritta io, credo non immaginino nemmeno sia in grado di farlo. Storceranno il naso e la bocca e io continuerò a pagare per ore di analisi che poi si infrangono inutilmente in pochi giri di parole pronunciate a caso per fare male. Se li rivedrò chiederò loro se hanno ricevuto cartoline dall'estate trascorsa da qualche loro amico dai gusti vintage. Mi diranno di no, che hanno ricevuto soltanto una lettera di uno che deve aver sbagliato casella di posta perchè diceva che non gli piace il Natale, che sognava di fare alla guerra e crede non ci sia nulla di male se un giorno, desiderandolo tanto, non ti risvegli più e muori col sorriso.

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