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mercoledì, marzo 21, 2012

Meet a freak on Giambellino Street

Ascoltavo John Lennon quella sera, per la precisione la raccolta Lennon Legend.
La lavatrice non finiva mai, il sonno tardava ad arrivare e forse non avrebbe mai
fatto capolino quella notte, chi lo sa. La birra nel frigorifero chiamava ad alta voce,
ma non volevo sentirla e lo stereo dava chiari e forti segnali di quella saggezza che
forse anche io potevo cogliere lì, sul mio divano.
In sere come quella i veri artisti avrebbero trovato qualcosa di buono da scrivere,
qualcosa di ispirato o di fantasioso.
Io no, me ne stavo fermo a fissare il monitor del pc intento a fare qualcosa di buono.
Qualcosa come mettere insieme delle parole che mi avrebbero reso famoso. Come
spesso però capita in queste sere, me ne sarei rimasto lì per altri minuti ad attendere
la lavatrice e poi, una volta stesi i vestiti, sarei andato a letto a leggere ciò che qualcuno
aveva scritto per me. In fondo è molto più comodo così, la vita da finti scrittori
d’appartamento o forse, meglio, scrittori domestici.
Non sporco molto, mangio il giusto e non consumo nemmeno fogli di carta imbrattati
da inchiostro o da mine di matite spezzate a metà.
Il dramma del foglio bianco è inquietante, una continua provocazione anche quando
alle parole manca solo il modo per uscire da quella porta. Come mettere in gabbia delle
farfalle o liberare un pesce rosso in una vasca troppo grossa.
Sono delle forzature senza senso.
Le vie da percorrere servono a portare via pensieri che portano via se stessi verso altre vie
fatte di versi e percorsi a volte lontani ed altre paralleli. Questo è un foglio bianco, una
lunga autostrada senza sbocchi che non porta a nulla.
Scrivere è un po’ come fare quattro passi e non avere voglia di guardare l’orologio
oppure correre dietro a qualcuno senza volerlo mai davvero prendere o superare. Ma
è molto diverso dal fare un viaggio senza una meta precisa, perché quel viaggio lo vuoi
fare per poi poter scrivere qualcosa.
Infatti, io esco sempre a piedi dal mio portone.
Quando vado sinistra mi guardo attentamente alla mia destra e faccio la stessa e
identica cosa quando esco e vado destra. Fisso e scruto l’orizzonte nella direzione
opposta per aver certezza di non perdermi nulla, ma proprio nulla di quello che mi lascio
alle spalle. Il resto sarà fatto da ciò che i miei passi saranno in grado di fare.
L’ultima volta che sono uscito a piedi dal portone di casa ....

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