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mercoledì, dicembre 29, 2010

Quattro passi

Non potendo portare fuori il bicchiere in vetro, ho optato per un bicchiere in plastica.
Pago il whisky appena bevuto, ne prendo un secondo in un bicchiere di plastica e una birra in bottiglia, non sia mai che mi venga sete camminando.
La cena appena terminata è stata bella, non tanto per le cose dette, il cibo o il vino.
No. E' stata bella per la proiezione continua di ricordi e di immagini sconnesse sul futuro, intervallati dalla realtà, ovvero dai pianti di una bambina di 11 mesi. Tutto questo dopo quasi due anni in cui non ci si vedeva e chissà quanti ne passeranno ancora prima della prossima volta.
Che poi si fa presto a dire che si resta sempre uguali, ma non è così.
I discorsi portavano sempre a quello, a quei noi, alle sbronze a 15 anni e le figure immani,
ai nostri nonni amici e al perchè nonostante tutto ci manteniamo bene.
Uscito da quella casa il carico di ricordi era troppo pesante per portarlo a letto.
Ci voleva qualcosa da bere e quattro passi tra quelle mura antiche che ne han viste tante e spero tante ne vedranno.
Il bar è sempre lì, anzì a dire il vero nei paesini i bar sono come le Chiese, ce n'è uno ogni 30 o 40 metri. Io vado nel mio bar, cioè dove andavo sempre.
Ovviamente la gestione non è più la stessa e se posso fare il vecchio rompi cazzo, è peggiorata.
Qui il primo whisky e il secondo e la birra da portare via.
Al banco invece che le solite faccie, orde di ragazzini in preda a chupiti e coca cole.
I quattro passi diventano un'ora buona di camminata strana, con il freddo e gli occhi lucidi. La testa sempre in cerca di un angolo o una finestra che ricordassero qualcosa o qualcuno.
I posti di mio nonno, quelli dove scappavo da mia nonna per non prendere gli schiaffi.
La casa dei miei nonni, quella che era la casa dei miei nonni, è chiusa, vuota, disabitata.
Sembra dormire in una notte fredda.
La vedo scendendo dalla discesa che da piccolo mi sembrava una montagna. Non è così ripida e tanto meno lunga, però ne è passato di tempo.
Vedo quel cortile, il muro contro cui giocavo a pallone, i posti dove mi nascondevo...le distanze mi sembrano tutte più piccole ora a quasi trent'anni.
E' quasi l'una, poco mi importa, mi siedo sui gradini di casa, della "mia" casa, e osservo.
Tutto come prima, tutto quasi come prima.
Anche oggi guardando la piazzetta da dove son seduto so che domani non dovrò andare a scuola. Respiro l'aria che era di mia nonna e di mio nonno e penso che quando hai quindici anni non sai come stanno le cose, ma quando ne hai quasi trenta, cambiano le prospettive.
Non di troppo forse, ma cambiano.

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