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lunedì, giugno 28, 2010

Fino a cinque

Una finta a destra e poi vado a sinistra, tutto cambia sempre, in continua
evoluzione, mentre in me scorre involuto un senso di incomprensione.
Uno, due, tre, quattro, cinque uomini dietro me.
Sono mio padre, i miei nonni, Lui e un altro che non ho mai visto.
Mi guardano e fanno strani cenni con la testa, appoggiano a terra un cesto
pieno di regali. Quelli che non ho mai ricevuto.
Non ho voce non riesco a parlare. Credo di non avergli mai detto di volergli
bene e se l'ho fatto era ormai troppo tardi.
Mi metto a correre, non sono mai stato veloce, ma posso farlo per ore.
Entro in una stanza vuota, la finestra è aperta e ci salto dentro.
Trovo un giardino, verde e vuoto.
Finalmente mi rilasso, provo a parlare, non ho voce.
Uno, due, tre, quattro, cinque uomini su una panchina.
Sono un bambino, un ragazzo, un uomo, un vecchio e uno scheletro.
Mi somigliano tutti. Gridano cose verso me, nella mia direzione, ma non
sento le loro grida, come se cosa non mi arrivasse, eppure posso distinguere
il labiale. Alcuni sembrano insultarmi, altri gridare cose belle, ma forse sono
solo apparenza. Solo il bimbo però appare rilassato, quasi che il suo sguardo
non conosca l'odio.
Faccio un'altra finta e corro alla mia sinistra. Un vicolo cieco, la solita
fortuna, quella che mi ha sempre accompagnato in certi momenti.
Mi gratto la testa, cosa posso fare? Scavalco il muro, non è alto ma faccio
fatica. Dall'altra parte solo terra, anzi fango e qualche pozza.
Cado stremato e senza forze, ho corso per ore senza sapere il perchè e il
solo pensiero mi ha spezzato il fiato.
Cado stremato e sbatto la faccia a terra, mi alzo confuso.
Sono scappato dal resto e non so perchè, mi vergogno e non so di cosa.
Sono sudato, le gambe sono a pezzi e sulla faccia pare mi sia preso a schiaffi
da solo. Forse avrei dovuto farlo qualche volta.
Mi son buttato in una pozza e mi son sentito subito meglio. Fresco.
Mi sentivo un perdente, però così, sporco, sudato e stanco, mi sono sentito
bello e forte come non mai e ho capito che di tempo per sentirmi finito ne
ho ancora tanto davanti.

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