L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

venerdì, ottobre 29, 2010

Scrivo poco per oggi. Punto.

Non capisco la luce, i cicli mestruali e le gonne troppo lunghe.
Capisco quando è quasi basta, l'intolleranza non alimentare e quando annaspare.
Mi cambio una giacca o taglio i capelli.
Penso che si possa andare lo stesso. Poi penso di aver pensato troppo.
Mi aiuto a rialzarmi.
Non capisco i ritorni di immagine e i calcoli, sovrappongo significati.
Voglio insegnare ai bambini, ma non la mia morale, il poco che so.
Fargli capire cosa è giusto, partendo magari dai miei sbagli, senza esaltare altre arti e riempire i discorsi di finte morali. Magari carpendo qualcosa da loro.
Scrivo poco oggi, non sono dell'umore giusto. Non sono triste nè allegro.
Forse deluso da me. E basta. Di sicuro attento a non dire troppo, meno ancora delle solite mezze frasi criptate.
Forse.
Punto.

lunedì, ottobre 25, 2010

Vento

Il diritto di non saper fare niente in un mondo in cui tutti sanno tutto.
Ho visto il rumore del vento cadere dritto in una pozza d'acqua e non alzarsi più. Il riflesso generato era un parto di nuvole pesanti, deciso a cambiare tutto. Gli uccelli roteavano distorti. Confusi. Il risultato delle loro cagate è concime per il cemento.
Non è distrazione la mia, è che non ci capisco più niente.
Dove e come, quando e perchè. Ma sto andando lo stesso.
Non sto piangendo, ma non uso mai l'ombrello, nemmeno quando piove.
Ho visto il colore del vento, cromato e azzurro.
E' caduto dentro una pozza che rifletteva il grigio del cielo. Nuvole sparse cariche di smog.
In fondo un piccolo squarcio di cielo azzurro. Lontano.
Gli uccelli volteggiano alti e si abbassano all'improvviso stando sempre in cerchio, tutti uniti costantemente, quasi annullassero le distanze.
Non sto pensando ad altro, sto pensando come fanno a non scontrarsi.
Non riesco a capire come fare tutto quando non so fare niente.
Il vento scorre rapido tra le piante e disegna scie colorate. Le fronde si scontrano l'una contro l'altra con violenza, confondendo i colori delle foglie, alcune cadono morte, ma gli uccelli continuano il loro giro. Imperturbabili.
Non piove più, il viso è ancora bagnato ma soltanto perchè l'acqua l'ho presa tutta guardando il cielo. Non sto piangendo.

venerdì, ottobre 22, 2010

Notti insonni

Troppo tempo, troppe notti a correre dietro le scie dei tram di Milano. Ne trovi uno in ogni via, dietro ad ogni angolo e vanno lontano, vengono da lontano, con il loro carico di persone, le coppie e una rosa, i pazzi. Controllori senza biglietto e biglietti usati per scrivere pensieri, stronzate.
Milano ha la notte dentro, perché il giorno serve a lavorare, serve a quelli che non hanno fantasia per dar fiato al proprio ego, serve a chi non sa tenere gli occhi chiusi perché ha bisogno della luce artificiale.
Milano la conoscono bene i tram e qualche spazzino che passa a pulire la merda lasciata a dormire sui marciapiedi da qualche passante. Milano soffre in silenzio, di notte.
Non riesco mai a dormire quando vedo un angelo piangere, mi giro e mi rigiro nel mio letto cercando un punto in cui non pensare stando fermo e mi ritrovo sempre a pancia all’aria, fissando quel soffitto bianco, senza luce, senza niente.
Sarà per queste notti insonni che quando sto male mi addormento ubriaco e mi risveglio anestetizzato, con la testa piena di brutti pensieri che non riescono a trovare una via di fuga se non dopo la prima pisciata.
Ma gli angeli non devono piangere se non quando piove, non ne esistono cause valide. Sono i dannati o le puttane a doverne star male.
Rincorro strade tormentate nei ritorni a casa, i soldi per il taxi non ci sono, i soldi per il taxi me li sono bevuti e poi sul taxi non si fanno strani incontri, tutto così organizzato, monodose. Nemmeno il centro massaggi dei cinesi mi darebbe ristoro in quei rientri.
Voglio la mia casa, voglio il mio letto, voglio una birra.
Provo a riprendere i miei passi, ritrovare le mie traiettorie ma inciampo di continuo nella proiezione di me stesso, come se la mia ombra mi facesse lo sgambetto. Sporca puttana traditrice.
Nemmeno cercando aiuto dai binari dei tram trovo una strada utile, confuso dagli scambi, dalle luci delle pensiline e dalle scie colorate.
Troppe notti, troppo tempo passato a dormire anziché cercando un cambiamento, dietro vane motivazioni e morali appannate. Chi l’ha detto che il riposo è dato dal sonno e non dal sognare ad occhi aperti, con il carico di speranze e la consapevolezza che la maggior parte delle cose che fai finisce nel nulla. Riempirlo questo nulla, sarebbe già un gran bel risultato.
Le occhiaie sono il frutto delle esperienze e non del poco sonno. Le rughe invece possiamo cominciare ad attribuirle all’alcol e in fondo quelle donano il giusto fascino.
Quello che meriti.

mercoledì, ottobre 20, 2010

Mai come ieri

Te ne accorgi appena esci dalla pancia di tua madre, oggi voglio essere fine sottolineo pancia e non fica. Dal caldo del liquido amniotico al freddo di una stanza igienizzata.
Certo ieri stavo meglio, al caldo, ovattato, senza pressioni e poi, chi cazzo ha acceso questa luce e cosa sono tutte queste facce?
Sono cose di cui ti rendi conto crescendo, senza arrivare mai a dire che quando c’era Lui si stava meglio. Però, c’è sempre un fottuto però.
Però eri più magro quando avevi vent’anni.
Però eri più leggero quando avevi ventidue anni e la testa andava ancora a cento allora, senza il lavoro, l’affitto, la pancia o la vicina cogliona.
Però avevi i capelli lunghi e la fronte larga e ora te la chiamano stempiatura.
Però le vacanze duravano tre settimane e diciamocelo, erano troppe.
Con quei però hai imparato a convivere, li saluti al mattino appena alzato, ti ci fai anche una birra prima di andare a letto. L’importante è che restino sempre fuori dai tuoi sogni.
Perché quelli sono sempre meglio di oggi. Sono come ieri.
Nei tuoi sogni i però si frantumano nel niente e lasciano la scia a una realtà fatta di visioni e di immaginario. Di contemplazione, approvazione.
Il sublime essere ciò che non si è. Perché poi arriva l’oggi, veloce come la sveglia, come la scritta “posponi” sul tuo cellulare. Che non fa altro che illuderti e spostare di tre minuti i tuoi “però”.
Ieri, quando andavo al parco con mio nonno fermavo tutte le ragazze, belle o brutte che fossero per dir loro da dove venivo, chi ero. Era una lezione insegnatami da mio nonno. Certo, mio nonno era un gran bel paraculo. Ma io, ieri, ero sempre bello e pettinato.
Ieri, non sapevo nemmeno cosa fosse la morale, il senso collettivo, la parola “unione”. Non mi ponevo il problema di dover conversare. Giocavo su un campo infangato e senza un pc che me lo ricordasse costantemente, ero pieno di amici.
Mi accontentavo di poco ieri, anche se non avevo niente. Era ieri, cazzo, e ora sta suonando la mia sveglia. Forse oggi ho sbagliato di nuovo sogno.

**questa cosa l'ho scritta come parte di un "progetto" che come tutte le cose che ho fatto sino ad ora non vedrà mai la luce, forse.

venerdì, ottobre 15, 2010

Per la Milano che non c'è

Va bene, non sai più leggere.
Cercherò di rendere immagine le mie parole anche se mi viene male, anche
se non credo che tutta questa rabbia lo renda possibile.
Mi spiace, ma tu ricorda quanto ti ho amata.
Ero bambino e giocavo nei parchi che come oggi, più o meno, ti coprivano.
Erano i fottuti anni '80, quelli delle "pere", quelli in cui i giardini erano
animati dai bambini di giorno e dai tossici di notte.
Mio nonno, insieme ad altri nonni, tutte le mattine perlustrava i prati in
cerca delle siringhe. Una volta bonificato il terreno iniziavano le nostre corse
dietro a un pallone. Iniziammo così a conoscerci.
Eri aperta, eri quella che qualcuno definì "da bere", craxiana e cocainomane
fino al midollo, ma anche l'unica città davvero internazionale in Italia.
Dove essere diversi era possibile.
Avevi tutto, non mancava niente.
La moda, il calcio, i centri sociali, la Piazza, i nazi, gli operai, i colletti bianchi,
case popolari e ricchezza. Sei stata il '68.
Eri socialista ma puttana. Proletaria e (poi) leghista, borghese e comunista.
Sentivi ancora nell'aria le vecchie canzoni di Nanni Svampa, i vecchi
parlavano milanese e io stesso mi divertivo un mondo a sentire l'odore dei
navigli e dei trani sparsi in città.
Poi sei cambiata, sei scesa in campo con la tua arroganza e con la confusione
che i '90 hanno creato. Hai perso il tuo amante, fuggito in Tunisia anche per
l'averti troppo arricchita. Ti sei trovata sola, lo so.
Ma tutto quel benessere, quel godere che ti ha reso com'eri, chiedeva ancora
soldi e voleva essere ingrossato.
Ti sei venduta al miglior offerente, come la peggior puttana.
Così ti trovo vecchia, rovinata dalla cocaina e senza più la capacità di leggere,
di capire chi ti amava.
Di farti amare.
Sei diventata bigotta e arrogante, moralista e dipendente. Borghese e fascista.
Non sei nessuno adesso per giudicare le mie sbronze o le bestemmie, non
puoi nemmeno darmi lezioni di buonismo. Fai soltanto il gioco opposto.
Hai dato tutto per i soldi, per la fama, diventando attrazione per modaioli e
designer, per aperitivi e passerelle.
Ma ti ricordi quando in Via Savona c'erano le fabbriche e sui navigli le luci
eran sempre fioche. Quando non eri terra per stilisti e disegnatori del nulla
ma davi lavoro a migliaia di famiglie.
Quando dirsi "operaio" a Milano era dignitoso.
Ora no, hai perso tutto. Fucilando chi non è come i tuoi capi, chi non ha
il titolo per poter partecipare alle tue mense e "così sia...".
Continuerò a credere che un giorno tornerai ad esser come prima, senza
trucco vodka e cocaina, ma pane e salame o mal che vada piadina e kebab.
Chissà se preferisci ancora questo alla dignità dei vecchi.

Ti scrivo questo perchè non posso più vederti così. In mano a politici
che si dividono le briciole dell'Expo, mafia e 'ndrangheta ovunque, Cl ad
occupare ogni posto decisionale libero. Polizia ad ogni angolo e la malavita
che fa quello che vuole.
Ok ho scritto troppo e ormai non so nemmeno se mi hai ascoltato, però avrei
ancora tanto da dirti, con la rabbia di chi sa che non cambierà mai un cazzo.

Una volta tuo, S.

giovedì, ottobre 07, 2010

Polvere alla polvere

Bolle di sapone si creano nella testa, come situazioni differenti che formano
momenti, attimi di tempo, tradizioni rubate.
Qui nello stato di nessuno, del torpore addominale.
Lo strato d'acqua che divide la quotidianità dall'oblio, lo stentare stanco dall'
arrancare attento. Apparizioni di vedute nuove e vecchie che si
sovrappongono in un fermo immagine stanco.
Aver trent'anni e sentirne pochi, senza avere il tempo di poter sbagliare e il
peso di non poter dire le cose come stanno. C'è sempre qualcuno più
grande, qualcuno più bravo, qualcuno.
Concentrarsi nell'attimo per non sbagliare nessuna giocata.
Sono sempre stato un bel viso a cattivo gioco, usa e getta.
Sogno da anni di avere un Dio che non uccida, ma faccia selezione senza
distinzioni, senza razze, colori ed età. Qualche volta lo penso nudo, altre
vestito. Altre volte mi penso e mi vedo come non vorrei essere, ma è un
altro discorso. Un discorso da affrontare con un amico armato di un
buon vino.
Perchè lo specchio riflette sempre un'immagine diversa dalla reale, formula
distanze, appanna i contorni, colora gli spazi. Non so bene cosa, ma qualcosa
dei miei nonni me lo porto dietro e qualcosa lo tramanderò.
Tutto ha le stesse forme, oggi come allora. Sono soltanto pezzi del tempo che
si ripropongono nel corpo e nella mente.
C'è un gran sole oggi e mi sta fissando. Voglio guardarlo in faccia anch'io, che
sia chiaro il mio intento di sfida.
Intanto le bolle di sapone riempiono lo spazio, ne ho ovunque.
Non si dica in giro che vive ancora la depressione, basta un solo sorriso e
tutto viene azzerato. Nascosto dietro a un sorriso.
E' per questo che il perdente ride appena arriva a cento, in modo da
ricominciare daccapo a contare, senza senso.
Se solo potessi mi berrei un caffè con Dio, che non si dica che non credo a
priori. Alle favole ho sempre creduto e voglio continuare a farlo.
Con gli occhi di chi si sorprende per le piccole cose, per le bolle di sapone
o per l'illusione di poterci riuscire.
Ma le distese di verde sono sempre più rare e in fondo non sempre si
possono fare delle scelte, a volte sono i fatti a decidere per te oppure i campi
di grano invadono tutto.
Ho conosciuto anche chi dice il contrario, chi porta la croce o bestemmia
dicendo di credere. La scia del tram non è visibile come quella di un aereo
ma molto più affascinante se si hanno diverse ore da perdere e la volontà
di andare sino in fondo alle situazioni, al capolinea delle rette vie.
Però ci sono sempre mille però. Come ad esempio la noia e il fatto che prima
o poi anche le bolle di sapone finiscono.
Ora che finisca anche la musica.

venerdì, ottobre 01, 2010

Parlando di me a me

Non dirmi di messe strane in posti noti, non mi importa niente.
Sarei sicuramente un uomo migliore se sapessi ascoltare oltre le prime dieci
parole. Sembra quasi che ci sia un contatore in me.
Uno, due...dieci. Stop.
Non dirmi di baci lontani o canzoni leggere, ho perso il tempo.
A volte mi perdo dietro le labbra che si muovono vorticose nei racconti di
proprie emozioni. Come se un filtro mi barrasse le orecchie.
Non sono l'uomo adatto a salti indietro con il pensiero, soffro di vertigini.
Non parlarmi dei tuoi amori, i tuoi momenti felici o le tue paure per un
futuro migliore. Non ti seguo, non ci riesco proprio. Scusa.
Se provo a star dietro a certe cose inciampo e cado a terra.
Ma cazzo, prendi pure tutto il tempo che vuoi per le tue ansie, i cattivi
pensieri o la paura dei tuoi errori.
Chi meglio di un fallito potrà capire da dove arrivi e saperti dire dove non
andrai. Lo diceva Proust, forse posso dirlo anch'io, che i momenti che mi
hanno insegnato di più sono quelli in cui stavo male. Perchè riesco ad
ascoltarmi. Ad ascoltare.
Non parlo coi fantasmi e non voglio sentire storie d'amore, storie di crisi,
storie. I romanzi sono abituato a leggerli anche se son passati di moda,
ingialliti e senza storie da raccontare.
Poi li rileggo sinchè non trovo un senso.
Non darmi dell'egoista, posso starti a sentire per tutto il tempo che vuoi,
senza ascoltare e non dirmi ciò che devi dire ma ciò che vuoi.
Quello che senti.
Sarà cinismo, finto snobismo o eccesso di presunzione. Sarà ma non
lo voglio sapere. Sarà che non mi interessa starmi a sentire o mi sembra di
essere pazzo nel darmi consigli da solo.
Dovresti fare questo...anzi meglio questo...arrivando sempre al medesimo
punto sbagliato di non ritorno.
Non dirmi che c'è un senso o che son parole a caso. Magari sarà il pensiero
che avrò rileggendo queste frasi tra qualche anno. Forse.
Quando sarò padre e ascolterò ogni singolo verso di mio figlio.
Ma ora non mi importa, non mi dite di emozioni e tempi che verranno, mi
interessano i tempi andati, un bicchiere di rosso e qualche goccia di pioggia,
che non si vedano le lacrime.