L'angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi. Ovviamente qui nulla è serio...se sei dei nostri...benvenuto, entra pure

mercoledì, giugno 30, 2010

Come gli attori dei film

Perchè le andate sono lunghe e i ritorni pesanti.
Sarebbe facile raccontarsi senza dire di noi e parlando degli attori dei film.
Sarebbe ironico raccontarsi senza spogliare noi e parlando degli attori dei film.
Sempre allegri, un pò intriganti e poi spacconi a fare a botte come facevano
Bud Spencer e Terence Hill. Come Franco e Ciccio andare inconcludenti
per il Mondo senza capirci niente oppure farci un Mondo proprio nella
propria testa, come Stanlio e Olio, al centro di tutto.
Perchè le andate danno attesa e i ritorni ansia da prestazione regressa.
Sarebbe semplice raccontarsi senza toccare noi e parlando degli attori dei film.
Sarebbe cinico raccontarsi senza vedere noi e parlando degli attori dei film.
Scanzonati e belli al sole, sempre al centro della luce, passeggiamo sereni
per la strada con lo sguardo di Marcello. Restar sempre affascinati dalle
maschere dell'uomo e interpretarle come Sordi oppure Gassman, con
quello sguardo corrucciato e sempre attento all'emozione che riesce a dare.
Oppure andare senza la minima riverenza dietro alla paura che si ha e
prendere la faccia della tristezza e trasformarla nella gioia di una risata,
proprio come Totò tanti anni fa.
Perchè le andate duran sempre di più e al ritorno spesso non ci sono più.
Sarebbe folle raccontarsi senza odiare noi parlando degli attori dei film.
Sarebbe inutile alla volte raccontare di noi, avendo già gli attori dei film.
Scappare lungo luoghi inutili sulle strade del Messico e prender pesci
al largo con la lenza. Piangere in faccia alla morte così come alLa Grande
Guerra, figli di un'Italia sempre unita e fare il bagno con Anita
rimanendo icone di un tempo andato. Potremmo dirci anche in faccia frasi
già recitate, ma non sarebbe nulla di nuovo.
Sarebbe bello raccontarsi senza amare noi e parlando degli attori dei film.
Sarebbe morte raccontarsi senza dire di noi e parlando come attori di un film.
La lunga andata è passata e non so se poi ritorno.

lunedì, giugno 28, 2010

Fino a cinque

Una finta a destra e poi vado a sinistra, tutto cambia sempre, in continua
evoluzione, mentre in me scorre involuto un senso di incomprensione.
Uno, due, tre, quattro, cinque uomini dietro me.
Sono mio padre, i miei nonni, Lui e un altro che non ho mai visto.
Mi guardano e fanno strani cenni con la testa, appoggiano a terra un cesto
pieno di regali. Quelli che non ho mai ricevuto.
Non ho voce non riesco a parlare. Credo di non avergli mai detto di volergli
bene e se l'ho fatto era ormai troppo tardi.
Mi metto a correre, non sono mai stato veloce, ma posso farlo per ore.
Entro in una stanza vuota, la finestra è aperta e ci salto dentro.
Trovo un giardino, verde e vuoto.
Finalmente mi rilasso, provo a parlare, non ho voce.
Uno, due, tre, quattro, cinque uomini su una panchina.
Sono un bambino, un ragazzo, un uomo, un vecchio e uno scheletro.
Mi somigliano tutti. Gridano cose verso me, nella mia direzione, ma non
sento le loro grida, come se cosa non mi arrivasse, eppure posso distinguere
il labiale. Alcuni sembrano insultarmi, altri gridare cose belle, ma forse sono
solo apparenza. Solo il bimbo però appare rilassato, quasi che il suo sguardo
non conosca l'odio.
Faccio un'altra finta e corro alla mia sinistra. Un vicolo cieco, la solita
fortuna, quella che mi ha sempre accompagnato in certi momenti.
Mi gratto la testa, cosa posso fare? Scavalco il muro, non è alto ma faccio
fatica. Dall'altra parte solo terra, anzi fango e qualche pozza.
Cado stremato e senza forze, ho corso per ore senza sapere il perchè e il
solo pensiero mi ha spezzato il fiato.
Cado stremato e sbatto la faccia a terra, mi alzo confuso.
Sono scappato dal resto e non so perchè, mi vergogno e non so di cosa.
Sono sudato, le gambe sono a pezzi e sulla faccia pare mi sia preso a schiaffi
da solo. Forse avrei dovuto farlo qualche volta.
Mi son buttato in una pozza e mi son sentito subito meglio. Fresco.
Mi sentivo un perdente, però così, sporco, sudato e stanco, mi sono sentito
bello e forte come non mai e ho capito che di tempo per sentirmi finito ne
ho ancora tanto davanti.

giovedì, giugno 24, 2010

Nel sogno che faccio...

Nel sogno che faccio spesso incontro sempre persone diverse.
Cammino in una strada deserta e intorno a me c'è soltanto polvere. Si alza
il vento, ma è aria calda.
Cammino, mi vedo da lontano, ho dei jeans strappati e una camicia addosso,
completamente sbottonata.
Ho caldo, anche quando il sogno lo faccio in pieno inverno.
Nel sogno che faccio spesso incontro sempre persone diverse.
Con mio nonno ho parlato di mamma e papà, del mio lavoro e del tempo.
Mi ha raccomandato di fare sempre tutto usando la testa, quella che ho,
senza inventarmi chissà che o pensare in maniera complicata.
Proprio come fanno quelli che si atteggiano.
Ho i capelli lunghi nel mio sogno, molto più lunghi di come siano ora.
Lo faccio spesso, non dipende da ciò che ho mangiato, però una sera ho
incontrato Jim Morrison. Avevo mangiato pesante e abbiamo quasi litigato.
In realtà all'inizio ci siamo divertiti molto, parlavamo una lingua strana,
che però capivamo bene.
Poi a un certo punto si è arrabbiato perchè il mio viso si era trasformato ed
eravamo gemelli. Avrà avuto i suoi motivi, io di sicuro avevo i miei.
Nel sogno che faccio spesso incontro sempre persone diverse.
Un giorno camminavo per il centro di un paese, in una strada in salita.
Ero sofferente e ho incontrato una persona amica.
Mi sono ritrovato in quella strada e ho parlato per ore. Di come stavo,
del perchè ero triste. Ho iniziato a pensare a cosa avevo bisogno e di colpo
mi sono ritrovato solo, con la barba lunga e la solita camicia aperta.
Nel sogno che faccio spesso incontro sempre persone diverse.
Una volta ci siamo visti e mi hai chiesto come stavo, perchè avevo un brutto
aspetto. Forse puzzavo ancora di alcol, ma sto cercando di smettere.
Dopo esserci raccontati tutto, ma proprio tutto, sul presente e su cosa stiamo
facendo, con il solito finto sorriso sereno ho preso a calci un pallone
immaginario e ho allontanato di qualche metro i cattivi pensieri.
Quelli quotidiani.
Tu allora hai preso in mano la situazione.
Ci siamo detti tutto sul presente e abbiamo cominciato a sognare il futuro,
con la solita birra in mano e lo sguardo vagamente sognante e...chissà se
anche stavolta pioverà per cancellare queste lacrime dalla faccia.

lunedì, giugno 21, 2010

Un dito di latte e una moka di caffè

Sai che mi alzo sempre di cattivo umore quando devo fare qualcosa.
E' che se sono impegnato non mi trovo a mio agio.
Immagina quando non ho niente da fare. Arrivo addirittura a pensare.
Però il buon umore potrebbe sempre arrivare, senza scorciatoie.
Una moka di caffè basterà a lenire la mia voglia di letto?
Allungo il suo calore con un dito di latte, buono a stimolare il mio
secondo atto mattutino. In solitaria.
Scusa se non riesco a parlare, sai, non mi viene bene.
Poi appena parlo un pò di più ci si lamenta di ciò che dico.
Sono volgare, pesante e pressante. Meglio il mio silenzio, allora, e i
quintali di inutilità che sento nelle bocche altrui.
Parlo solo di calcio, sesso e feci.
Rispecchiano i tempi e danno il ritmo ai riflessi. Perlomeno i miei.
Una serie di incidenti, ecco cosa sono le giornate.
Non mangio mai niente a colazione, tranne quando le mie giornate
iniziano alle metà esatta del giorno.
In quel caso la mia testa gira così tanto per la sera prima che non
mi rendo conto nemmeno del mio stesso silenzio.
Poi se fuori piove riesco ad essere anche funereo nel mio non parlare.
Potrei pensare di girare con un block-notes e scrivere anzichè parlare.
Però poi quando scrivo mi sento dire di essere pesante, monotono e
ripetitivo. Addirittura criptico, ma non è così, non può essere criptico uno
che non sa nemmeno cosa vuol dire. Tranquilli.
Meglio non scrivere nulla, allora, e sentire i problemi che affligono i mondi
altrui, dalle doppie punte al chilo e mezzo di troppo.
Un controsenso dirlo in un blog, ma nessuno obbliga a leggere.
Risparmiare tempo per pensare, anche perchè il tempo ha un limite.
Nella mia testa mi faccio continue domande e risposte, a cose che
vedo e sento intorno a me. A cose che ahimè non vedo intorno a me.
Mi dico cose banali con tono saccente, in un certo senso faccio piacevoli
conversazioni che poi lascio lì, sospese. Un pò come quando parlo con quelli
che si danno un tono e hanno in mano i perchè della vita.
Dall'altro lato mi alleno ad ascoltare gli altri, in modo partecipe, anche
se non sempre mi riesce di emozionarmi. Però ci provo, lo giuro.
Ammetto di essere un pò borderline, ma in fondo in linea con i miei perchè.
Poi ogni tanto esco fuori dalla testa, parlo e ascolto nuovamente. Sto fuori
anche molto tempo e parlo tanto, poi torno dentro e sto zitto.
Ho paura, sai, che tutto possa contaminarsi.
Come quel latte che metto nella mia moka di caffè e tutte le mattine mi
stimola il mio secondo atto quotidiano.
In solitaria, sia chiaro.

giovedì, giugno 17, 2010

Il canto del sognatore sbronzo

Io ho girato a lungo e non ho visto niente.
Lo giuro madre mia, io sono innocente.
Perverso, stronzo, stupido, frustrato e deficente.
Però sono assolutamente innocente.
Ho perso le chiavi di casa e ho fatto un giro nel quartiere.
Pioveva a dirotto ma avevo sete.
Ho tolto la maglia bagnata, era stretta, ma anche sudata e strappata.
Ma non è vero che girassi nudo. Con me c'era un amico,
non so il suo nome, ma è pur sempre un amico.
La potenza della mia ignoranza.
Ricordo ben poco, sarà l'età, la frustrazione certo ma anche l'età.
Sarà come dici tu mamma, ma non ho fatto niente.
Mi piace sudare, spaccarmi la schiena, lamentarmi e poi incazzarmi.
Non è colpa mia se non fare niente.
Però mamma, proprio per questo non ho fatto niente.
Perverso, stronzo, stupido, frustrato e deficente.
Ma proprio per questo sono innocente.
Ho perso le chiavi e iniziato a girare, non avevo dove andare.
Pioveva e giù in strada ho incontrato un strega.
Voleva dei soldi e l'ho mandata a cagare.
Mi son fatto sputare in faccia e ha iniziato a gridare.
La forza della mia inconsistenza.
Io giravo, era notte. Pioveva.
Ero tutto bagnato.
A un certo punto, come per magia o forse per natura, una luce lontana.
Sono innocente mamma, il sole l'ho indicato con l'anulare.
Accanto a me un uomo ha detto:
"bimbo mio, sorge sempre il sole
anche quando tutto intorno gira al contrario"
Proprio per questo mi sono commosso.
Perverso, stronzo, stupido, frustrato e deficente.
Però lo giuro mamma, sono innocente.
Antipatico, stanco, rozzo e fottutamente stronzo.
E' vero mamma a volte vado a letto sbronzo.
La forza della mia debolezza.

martedì, giugno 15, 2010

Un ultimo colpo in canna

Cambio le lenzuola e poi non cambia niente, persino le mutande non mi
cambiano la mente, mi chiedo come mai e penso "che deficente", il sole è
tramontato ma l'occhiale è sempre presente e comincio a trovare un motivo.
E' che la vita non è altro che un unico pezzo rock, una ballata lenta, lunga.
Dannatamente fottuta.
La chitarra la accompagna e non la lascia mai, degna consorte di una vita con
cui condividere ogni cosa, anche la più inutile, dalla nascita di un figlio a una
sboccata notturna in un vicolo sconosciuto.
Anche senza le inutili parole che riempiono la vita. Soprattutto senza la facile
moralità e il senso del dovere. Senza il fastidio dei suoni elettronici.
Mi sono accorto tardi, ma l'ho fatto. Odio la musica elettronica e non capisco
i suoni campionati. Ma forse è facile per gli altri. Ti chiedi "come mai"?
Invece a me piacerebbe molto sapere chi cazzo sei.
Birra calda alle quattro del mattino, un panino che non va giù e una lacrima
asciugata da un rutto. Come un basso che scalda l'atmosfera.
Non mi piace la musica elettronica. Quasi come una natura morta, ma molto
peggio del vino allungato con l'acqua.
La batteria che pulsa il tempo, attimo dopo attimo senza sosta sinchè ci sono
secondi da vivere e ritmi da abbracciare. Che mi portino pure via giovane se
esser presente vuol dire vegetare.
Senza bisogno di un pc o mille file virtuali. Senza cambiare le lenzuola per
dormire più tranquillo.
Cambiando abiti che la pelle non riconosce, sognando di volare nudi senza reti
perchè il rock cambia sempre a seconda della situazione, così come la vita.
Un'ultima canzone, un ultimo colpo in canna e poi addio.

martedì, giugno 08, 2010

Quel lungo cammino che mi porta di fronte allo specchio

Cosa avrei pensato 10 anni fa se mi fossi visto adesso?
Quando dico "adesso" intendo proprio ora.
E' stato quando ci ho pensato che credo di aver cominciato a prendere a
pugni lo specchio. Che ovviamente si è rotto.
Così dovrò passare altri 7 anni di sfighe.
Ma è l'umore che va e viene ciclicamente a cullare i miei bilanci stagionali.
Purtroppo rispecchiano troppo il mio conto in banca e il mio obiettivo
attuale è tornare a quando era in rosso ed io ero spensierato.
Rincorrevo le scie dei tram e persino Milano mi sembrava bellissima.

5 anni fa non avrei immaginato questo.
Forse mi sarei visto su qualche spiaggia con un chiosco di frullati o venditore
di collanine colorate. Magari agricoltore. Meglio ancora filosofo di illusioni,
come quello che poi hanno chiamato Gesù, hai presente?
E' stato in quel preciso attimo che ho cominciato a prendermi a schiaffi
sinchè il lato destro del mio viso non è diventato troppo rosso.
Sono forse le cose che vivo, sento, leggo e scrivo a dirmi certe cose.
Dovrei isolarmi o continuare a recitare la parte del coglione come a vent'anni.
Ero spensierato.

Un anno fa allo specchio, vedevo la stessa immagine.
L'occhio vuole la sua parte e il mio rende soltanto un'immagine bieca e
appannata. Quella di un attore che ha fatto il suo tempo. Il classico clown
che non fa ridere nessuno o il leone che ha finito di ruggire.
Perchè le birre, le serate e il rock ti lasciano rughe in faccia e solchi dentro
che un tempo nemmeno potevi immaginare e oggi puoi soltanto percorrere.

Per fortuna ho ancora la forza per mandarmi affanculo e non prendermi
mai troppo sul serio, in fondo anche se mi sforzo ad esser stronzo e antipatico,
alla lunga mi sto simpatico.

venerdì, giugno 04, 2010

Casting is not here

Occhi verdi come la pace, come i campi d'erba e di grano giovane, sterminati,
che abbracciavano la sua casa in quel villaggio che sembra tanto lontano.
"che cos'è l'amore? che cos'è la vita?" si chiedeva chiusa nell'abitacolo dell'
auto del cliente di turno. La risposta era già in testa, per lei erano un
prezziario differente a seconda del trattamento.
Come quando la portarono via promettendole un futuro normale, come quelli
che vedeva alla televisione italiana con la vecchia nonna e il resto della
famiglia fermi immobili a sognare. Una famiglia che non vedrà più e un corpo
da vendere per tenerli in vita.
In fondo l'Albania era così lontana a nemmeno un giorno di viaggio...ma a una
vita di distanza. Ormai finita.

Occhi neri come l'Africa, profondi e nemmeno tanto inanimati. Come quella
pelle che traspira l'anima e lascia profonde ferite nel pensiero.
Contro le offese, contro il freddo e quella neve che non aveva mai visto.
Giusto il tempo di toccarla e piangere che doveva passare al cliente successivo.
Che un riscatto troppo alto non le avrebbe mai fatto rivedere i suoi e quel
bambino nato in Italia il giorno dello sbarco che non sa che fine ha fatto
adesso. In fondo lei è divisa dall'Africa da quel mare che ha cullato le civiltà
e l'ha portata alla sottomissione e all'umiliazione, per una libertà che non
vedrà mai più. Ormai sparita.

Occhi marroni e il sorriso di chi la vita vuole goderla anche se non gli ha dato
ciò che avrebbe voluto. Una virilità spezzata da un animo troppo gentile
perfino per troppe donne e un desiderio di godere che va oltre ogni
pregiudizio. Contro ogni operazione fisica, ogni cambiamento radicale.
Diverso, anche se in fondo uguale a tutti. Anche se in fondo amato da molti.
Ma quel segreto che forse fa male, gli fa portare dietro immagini finte
di foto poco nitide. In fondo il Brasile è il sogno possibile e lontano che solo
vendendosi potrà realizzare. Ormai sfiorito.

Sai, sono come te, ma il casting non è qui.

giovedì, giugno 03, 2010

Le sottili declinazioni del niente

Le domande che nascono da qualcosa di concreto trovano facilmente una
risposta, lo sai vero?
Declinando il niente puoi far mille domande.
Questo è il post più breve che ho scritto.
Non è niente.
Appunto.